Il porcellum (legge n. 270 del 21 dicembre 2005) è stato rinviato dalla Cassazione alla Corte costituzionale per i dubbi fondamenti di incostituzionalità più volte rimarcati da costituzionalisti e parlamentari. Trovate ogni notizia qui.
Ma a che cosa serve una legge elettorale?
La scienza politica (materia strutturata a sé a livello accademico), suddivide in due categorie gli obbiettivi delle leggi elettorali:
- la creazione di un'assemblea che rispecchi il corpo elettorale in modo più o meno aderente alla realtà;
- l'assicurare la governabilità per il periodo di durata del mandato.
Nell'Italia repubblicana, ci son stati 62 governi (quasi un governo all'anno, in media). Mentre ci sono state 17 legislature (poco meno di 4 anni di durata media).
Che cosa si prefiggeva il nostro costituente nel 1946 e 1947? Vi erano molte anime, è vero, ma possiamo assommare la filosofia di fondo con una frase semplice: "mai più il fascismo". E ne avevano ben ragione, visto lo sfacelo da cui arrivavano.
Venendo da un'esperienza in cui il potere esecutivo, che storicamente è sempre quello che ha compromesso la democraticità dei paesi - non è MAI esistito un paese in cui la magistratura o il parlamento abbiano sovvertito l'ordine costituito, tanto per intenderci - l'opzione che risultò vincente in sede di assemblea costituente fu la volontà di dare voce a tutti. Per cui il parlamento avrebbe dovuto essere l'immagine in piccolo (nell'ottica della democrazia rappresentativa) di tutta la nazione. La legge elettorale prevedeva, per la Camera, blande regole per l'accesso, bastava aver presto 300.000 voti a livello nazionale per poter rientrare nel riparto proporzionale.
Com'è stato possibile non collassare prima?
Semplice, esistevano grandi partiti di massa, catalizzanti l'interesse di milioni di persone ed un assetto da mobilitazione elettorale che ormai ci sogniamo. Tanto per dare qualche numero, la prima DC che si presentò al voto raccolse il 48% da sola, al Senato (che aveva già regole diverse che accennerò a breve) aveva addirittura la maggioranza assoluta da sola. Quello fu il picco massimo per un partito in Italia.
Com'è stato possibile non collassare prima?
Semplice, esistevano grandi partiti di massa, catalizzanti l'interesse di milioni di persone ed un assetto da mobilitazione elettorale che ormai ci sogniamo. Tanto per dare qualche numero, la prima DC che si presentò al voto raccolse il 48% da sola, al Senato (che aveva già regole diverse che accennerò a breve) aveva addirittura la maggioranza assoluta da sola. Quello fu il picco massimo per un partito in Italia.
Il Senato aveva una particolarità: come capita ancora oggi, i collegi erano a base regionale: in dottrina avere più collegi favorisce i partiti "grandi" (occasionalmente i partiti "riserve indiane", ma non era il caso della cd. Prima Repubblica), mentre averne uno unico nazionale (come avveniva per la Camera), favoriva i "nanetti" (Sartori).
Siamo arrivati a un punto in cui l'instabilità parlamentare (parola nata con Giolitti, addirittura), non era più compatibile con l'andamento dei nostri conti pubblici e non solo: mutando lo scenario geopolitico mondiale, con la fine dei blocchi, e venuta meno la conventio ad excludendum dei comunisti, si sarebbero rotti equilibri immobili, o fossilizzati da oltre 50 anni.
Si è così posto il dilemma: rappresentatività o governabilità? Sì, perché era quel periodo in cui la cd. Prima Repubblica stava assumendo tutte le colpe possibili immaginabili della mala politica, in cui pesò molto il tema dell'instabilità dei governi. Era il periodo di Segni e dei referendum abrogativi in materia elettorale (orrore per qualsiasi giurista e persone sensate, più per lo strumento che non per i propositi). Venne detto che le tre preferenze favorivano le mafie, salvo nascondere che con le tre preferenze vigeva, soprattutto nelle sinistre, quella di merito, quella giovanile e quella femminile, e queste due ultime furono quelle danneggiate da quella rimozione, difatti la classe politica non è poi molto cambiata da allora a livello di vertice, se non a sinistra, dove c'era una maggiora sensibilità al tema. Curioso notare che alle imminenti amministrative ci sarà la possibilità della doppia preferenza di genere.
Il nuovo paradigma, quindi, è quello di un governo che duri quando la legislatura. Come realizzarlo?
Innanzitutto la legge elettorale che aveva prodotto un valido ricambio (il mattarellum) andrebbe ripresa, quantomeno idealmente e per quello che può ancora offrire: i collegi uninominali.
Il sistema elettorale poi dovrebbe decidere se essere a colpo singolo (si favoriscono partiti a conduzione familiare stile Mastella o con forte presenza in aree geografiche localizzate stile Lega Nord), oppure a doppio turno, permettendo agli elettori di riorientare il proprio voto quindici giorni dopo. Applicato in Francia per la prima volta nel 1958, produsse maggioranze mai viste e in stile Westminster, cosa che tutti noi vorremmo.
Un problema, però, si è evidenziato. Nonostante tutto, le Camere son comunque durate in media un po' meno di 4 anni. Un rafforzamento dell'esecutivo dovrà tener conto di un bilanciamento con il legislativo, ad esempio un rafforzamento delle garanzie delle minoranze sull'onda di quel che accade già oggi in Francia e Germania: un terzo delle Camere può inviare le leggi ad un controllo preventivo di costituzionalità presso la Corte costituzionale. Insieme a questo, l'abbassare la durata da 5 a 4 anni (e magari del Presidente della Repubblica da 7 a 6), permetterebbe di accelerare meglio i tempi del ricambio politico, senza nulla togliere all'efficacia dell'azione di governo: il Presidente degli USA dura 4 anni e riesce a fare quel che fa, addirittura il loro parlamento va a rinnovo ogni due anni ed è così da oltre 200 anni.