Oggi parlerò della finanza degli enti locali cercando di mettere in evidenza alcuni dei problemi e di sfatare alcuni miti che circondano la finanza locale.
Per parlare dei problemi devo però spiegare prima alcune cose, quindi spero che mi perdonerete la lunghezza dell'articolo.
Per enti locali si intendono comuni e province, le regioni sono un caso un po' a sé. I comuni, perché è a questi che principalmente mi riferisco, perché le province, pur gestendo molti soldi, sono enti sostanzialmente tecnici, fino all'unità d'Italia, diversamente dal resto del mondo, contabilizzavano in partita doppia, mentre il resto del mondo usava la contabilità finanziaria.
Come si sa la partita doppia funziona con un criterio di competenza temporale, cioé ogni anno solare si calcola quello che è l'utile o la perdita con il conto economico, che poi si "tramanda" di anno in anno nello stato patrimoniale, che contiene anche debiti e crediti.
Bene, negli enti locali non funziona così.
Ogni anno, idealmente in ottobre/novembre, si redige il bilancio preventivo per l'anno successivo - dico idealmente perché quest'anno è stata data la possibilità ai comuni di slittare fino ottobre 2013 a causa delle modifiche IMU - che determina le entrate e le spese possibili per l'anno.
In un ente locale, a differenza di un'azienda, le entrate sono sufficientemente certe: Imposte locali, trasferimenti e qualche occasionale attività commerciale (tipo la gestione dei parcheggi), quindi si sa quanto entrerà. Diciamo che nel 2013 entreranno 20 milioni (le tasse di una città di circa 25.000 abitanti) di Euro.
Questi 20 milioni devono essere impegnati in spese, quindi ce ne saranno molte vincolate tipo gli stipendi e gli affitti (gestione corrente) altre in conto capitale (come i mutui).
La cosa importante è che nella contabilità finanziaria le entrate sono in pratica considerati ricavi, e le uscite spese, quindi un mutuo è considerato un entrata, diversamente dalla partita doppia dove non è né un ricavo né una spesa.
Quindi quando vado a redigere i bilanci potrò spendere fino al totale delle mie entrate future previste. Ma non finisce qui. Infatti esistono anche i residui attivi e passivi.
I residui attivi sono - semplificando - le entrate non riscosse, quelli passivi le uscite non pagate. In pratica se di quei 20 milioni ne incasso solo 15, gli altri 5 saranno un residuo attivo.
Ora vi chiederete: se avevo previsto incassi per 20 e spese per 20, ma ne ho incassati 15, dove ho preso i soldi per gli altri 5 milioni?
Le risposte sono le più varie: mutui per le spese correnti (orrore!), anticipazioni di cassa dalla cassa depositi e prestiti, ritardati pagamenti alle aziendde fornitrici e così via.
Visto che i conti devono pareggiarsi, avrò anche 5 milioni di residui passivi, cioè di impegni da pagare l'anno successivo.
Quando vado a fare il bilancio l'anno successivo, il mio bilancio all'attivo avrà i 20 milioni entrate previste + 5 milioni di residui attivi, meno 20 milioni di uscite, meno 5 milioni di residui passivi.
Dopo qualche anno di quei 5 milioni di residui attivi ne starò per incassare (grazie a equitalia) diciamo 3, gli altri 2 saranno diventati inesigibili, quindi a questo punto dovrò radiarli dal bilancio.
Questo però non accade quasi mai, perché se li tolgo succede questo:
Entrate previste 20 milioni +
Residui attivi 3 milioni +
Uscite previste 20 milioni -
Residui passivi 5 milioni -
Questo perché i 5 milioni di residui passivi sono spese impegnate ed è un po' difficile che qualcuno rinunci o si scordi di incassare da un ente pubblico.
Quindi avrò un disavanzo previsto di 2 milioni, quindi a questo punto, per evitare il dissesto e quindi lo scioglimento di giunta, consiglio e sindaco (che si scioglie di dispiacere....) bisognerà tagliare le uscite correnti di 2 milioni e qui cominciano i grossi guai. Guai in cui si trovano buona parte dei comuni italiani che continuano a procrastinare la cancellazione dei residui attivi.
Prossimamente tornerò sull'argomento per approfondire altri problemi di finanza locale.