18 maggio 2013

La strana idea di Alesina e Giavazzi

Sul Corriere (vedi qui) Alesina e Giavazzi si domandano: conviene rispettare il deficit del 3%?

Attualmente la situazione è questa: il governo deve impegnarsi a rispettare un rapporto deficit/PIL del 3%. Entro questo limite può decidere tutto quel che vuole, senza vincoli europei.

Poiché i conti pubblici lasciano prevedere che il deficit del 2013 sarà attorno al 3%, il governo non ha margine di manovra. Non può abbassare le imposte e rilanciare la crescita.

Alesina e Giavazzi propongono di sforare temporaneamente il limite allo scopo di diminuire già quest'anno la pressione fiscale, impegnando l'Italia a dare un taglio nei prossimi 3 anni alla spesa pubblica per un ammontare dell'1% del PIL all'anno.

Un taglio contemporaneo di imposte e spesa pubblica rilancerebbe l'economia, convincerebbe l'Europa circa la necessità di concerci qualche deroga, senza mettere a repentaglio i conti pubblici nel lungo periodo.

Tesi convincente?

Non molto.

La prima ragione è che i tagli delle spese in passato si sono rivelati assai illusori. Difficile programmare un taglio addirittura del 3% del PIL, pari a 50 miliardi, su una spesa pubblica (al netto delle pensioni) di circa 500 miliardi di euro, vale a dire il 10% di tutte le spese dello Stato.

La seconda ragione è fino a un anno e mezzo fa abbiamo fatto i conti con mercati che vendevano i nostri BOT e CCT facendo salire alle stelle lo spread perché convinti che non fossimo in grado di tenere sotto controllo i conti pubblici. Possiamo rischiare di far salire lo spread? Se lo spread salisse, aumenterebbe anche la spesa pubblica sotto forma di interessi sul debito.

La terza (e più importante) ragione è che tagliare la spesa vuol dire quasi sempre deprimere la domanda. Se gli italiani si trovassero più soldi in tasca, di certo spenderebbero di più ma non è detto che a fronte di 100 euro di minore spesa pubblica e di minori imposte, un cittadino con 100 euro in più in tasca li spenderebbe tutti e subito.

La conseguenza sarebbe un calo della domanda pubblica compensata solo in parte da un aumento di quella privata, parte della quale finirebbe per confluire sull'acquisto di beni provenienti dall'estero, con pochi o nessun beneficio occupazionale.

Alesina e Giavazzi puntano infine a diminuire le imposte sul lavoro. Non specificano in cosa consisterebbe la diminuzione. Si può immaginare che vogliano ridurre l'Irap (su rapporto Irap-costo del lavoro vi consiglio questo post di William) oun taglio degli oneri sociali per ridare fiato alle imprese.

Buona idea, almeno per le imprese che esportano e devono fare i conti con la concorrenza internazionale. Le altre invece farebbero sempre i conti con una domanda debolissima, di cui riuscirebbero a intercettare forse una quota maggiore.

Le idee di Alesina e Giavazzi hanno come sempre un punto debole: si pongono dal punto di vista di chi produce e sottovalutano il ruolo della domanda, finendo per proporre soluzioni assai criticabili.