Le dimissioni del capo economista della BCE, il tedesco Jurgen Stark, hanno terremotato le borse mondiali: -4,93% a Milano, -2,69% a New York il Dow Jones, -4,04% a Francoforte, -3,6% a Parigi, mentre l'euro sceso a 1,38 sul dollaro.
Pare la fine dell'era del rigore della Bundesbank, impegnata in una rigorosa lotta all'inflazione, conseguenza dell'iperinflazione dei tempi di Weimar, sovente criticata dagli economisti progressisti, perchè sacrifica la crescita e l'occupazione in cambio di una moneta forte e di poca inflazione.
Per convincere i banchieri centrali tedeschi a dare il via libera all'euro si sono poste regole stringenti all'opearto della BCE. La politica monetaria tendenzialmente restrittiva della Bundesbank è stata trasferita nella BCE e si sono vietati gli aiuti di stato: i singoli paesi devono fare da soli, aggiustando i bilanci se necessario. Niente svalutazioni competitive, niente deficit per sostenere la domanda.
Il divieto di aiuti di stato, però, è stato aggirato con l'acquisto di titoli di stato greci, irlandesi, portoghesi e, negli ultimi tempi, spagnoli e italiani. Una situazione intollerabile per l'ortodosso Stark, non solo perchè si violano le regole ma anche, e soprattutto, perchè il finanziamento del debito pubblico con soldi della BCE significa rischio di inflazione.
Non ci sono alternative. O meglio, ci sarebbero: gli eurobond. Si dovrebbero unire parte dei debiti pubblici dei paesi dell'area euro, finanziandolo con l'emissione di titoli (gli eurobond) emessi e gestiti da UE e BCE e inoltre si dovrebbe imporre ai paesi dell'euro una serie di regole e di riforme che portino verso una maggiore integrazione europea.
Ma non è questa l'intenzione dei governi conservatori, poco propensi a cedere poteri all'Europa unita.
Se non si integra l'Europa e se ogni paese diventa una potenziale vittima della speculazione, non resta che correre a salvarlo o, come avrebbe voluto Strark, costringerlo con qualunque mezzo a risanare da solo i conti.
Si sta scegliendo la prima strada, la sola che consenta ai governi europei di stare in piedi senza rinunciare ai propri poteri, sacrificando però la politica monetaria e il rigore finora predicati dalla BCE.
Le dimissioni del capo economista tedesco pongono diversi problemi: cambierà la politica monetaria della BCE o i governi, bocciati dai mercati, saranno costretti a affidarsi a gente come Stark per recuperare credibilità? ci saranno rischi di inflazione? l'euro si svaluterà? come si comporterà la BCE nei confronti dei paesi con un deficit più elevato del previsto? ci sarà una maggiore integrazione (economica) europea? la BCE risulterà credibile? e, soprattutto, riusciranno gli acquisti di titoli di stato a sconfiggere la speculazione?