08 gennaio 2012
Spread, Bund e BTP
Da qualche mese parole come spread, bund, BTP e tassi di interesse sul debito sono diventate parole molto frequenti nel parlare comune. Ma cosa c'è dietro tutte queste sigle?
Con un esempio, che spero di rendere comprensibile a tutti, cercherò di chiarire il meccanismo della formazione dei tassi.
Dovrò operare delle semplificazioni per chiarezza e semplicità. chi è interessato ad una puntuale e rigorosa, sebbene complessa, esposizione dell'argomento può approfondire sul sito del ministero del tesoro.
Quindi, per semplicità supporremo la vendita di un titolo annuale (per evitare i calcoli degli interessi composti) del valore di 1.000 Euro, dove il tesoro di vari stati europei offre un interesse del 2% (cioè 20 Euro).
Partiamo dalle origini: il fabbisogno dello stato. In termini semplici il fabbisogno dello stato sono i soldi che servono allo stato per far fronte a tutte le spese. Cioè per pagare stipendi pubblici, pensioni, ecc. ecc. tutto.
Se allo stato non bastano i soldi in entrata, cioè le tasse o gli altri introiti, deve chiedere in prestito soldi ad altri soggetti, pubblici (altri stati ad esempio) o privati (banche o semplici cittadini) e per farlo emette titoli di stato che poi rimborsa alla scadenza pagando un interesse. Lo stato quindi emette BOT, BTP, CTZ e CCT, rimborsando alla scadenza il capitale, l'interesse in tempi variabili (ogni 6 mesi o annualmente).
Nel nostro esempio supponiamo che capitale ed interessi siano rimborsati tutti insieme alla fine dell'anno.
Poniamo ora che la Germania emetta il titolo (bund). Per acquistarlo si forma un'asta a cui partecipano solo soggetti abilitati (in genere banche). Il titolo viene aggiudicato alla pari, a 1000.
Cioè un titolo del valore nominale di 1000 viene venduto a 1000, la Germania incassa 1000. Dopo un anno la Germania rimborsa il bund, pagando valore nominale e interessi. Cioè paga 1000 + 10 = 1010.
La Germania ha incassato 1000, pagato 1010, la differenza è 10. Il quoziente tra la differenza e il valore incassato è pari a 10/1000 = 0,1. Cioè l'1%.
In termini tecnici il tasso di interesse pagato dalla Germania è pari all'1%, pari a 100 punti base: un punto base è uguale allo 0,01%. 100 punti base = 1%.
Poi passiamo alla Francia. I titoli francesi vengono ritenuti meno affidabili dei tedeschi, quindi nessuno li vuole alla pari, quindi vengono venduti non a 1000, ma a 998.
Quindi la Francia incassa 998. Alla scadenza però dovrà pagare sempre 1000 + 10 di interessi.
1010 - 998 = 12. 12/998 = 1,20%.
Il tasso di interesse francese sui titoli sarà dello 1,20% e lo spread (cioè il differenziale) con i bund tedeschi è pari a 20 punti base (cioè lo 0,20%).
Passiamo ora alla Spagna. I suoi titoli sono venduti a 980, quindi di nuovo al rimborso sarà 1010 - 980 = 30. 30/980 = 3,06%. Lo spread è salito a 206.
Qui si evidenzia inoltre un altro problema: lo stato incassa meno del previsto. Se rapportiamo tutto alle cifre reali, cioè a miliardi di euro, il risultato sarà che lo stato dovrà emettere altri "bonos" (titoli spagnoli) per finanziarsi.
Veniamo infine all'Italia. L'Italia vende titoli del valore nominale di 1000 a 950. Quindi incassa 950 e rimborsa 1010, con una differenza di 60, 60/950 = 6,32%. Lo spread è a 5,32%, cioè è volato a 532 (per usare una forma molto giornalistica di effetto).
E' chiaro quindi che in questi termini la situazione non è sostenibile a lungo: i rimborsi diverrebbero insostenibili. Va però considerata anche un'altra cosa: lo spread che sentiamo giornalmente sui telegiornali sui BTP a 10 anni, in realtà è solo virtuale. E' cioè lo spread calcolato sugli scambi sul mercato secondario, perchè i titoli di stato una volta comprati dallo stato si possono poi vendere a qualunque valore (alla pari, sotto o pure sopra la pari).
Lo spread che conta è quello del giorno dell'emissione, ma se il tesoro non emette BTP, ma punta su bot triennali, il cui rendimento è molto più basso, lo spread che tanto ci assilla potrebbe rimanere solo virtuale.