
Mario Monti, come accennato su questo blog, aveva ed ha di fronte a sé un incarico titanico: dal risanamento dei conti pubblici alla lotta all'evasione, fino, in ultimo, a far sentire di nuovo la voce di uno dei membri fondatori dell'Unione Europea, quale è il nostro.
I drammi che già affliggono il nostro paese sembrerebbero lasciare ben poco tempo per pensare ad altro, e difatti si è sempre proceduto in questo modo: prima gli affari nostri, e poi, se va bene, anche quelli europei. Va da sé che le immagini degli ultimi giorni andrebbero scolpite nella memoria collettiva, mi riferisco a quelle in cui finalmente un rappresentante presentabile ha iniziato a spezzare la diarchia deleteria francocrucca.
L'egoismo conservatore a cui ci avevano abituato i due incalliti politicanti da strapazzo, Sarkozy e Merkel, si dovranno ora scontrare con un capo di governo della terza economia dell'eurozona, membro fondatore e con prestigio personale e politico (europeo), da farli meritatamente sfigurare. Il richiamo ad una maggiore apertura da parte dei tedeschi è diventata una battaglia italiana, finalmente.
L'intervento su cui Monti si dovrà spendere maggiormente riguarda la fase di riscrittura dei Trattati istitutivi, tasto delicatissimo, come si può presupporre.
In particolare, quello che (finalmente, si, non mi stanco di enfatizzarlo) Italia e Francia dovranno far passare alla signorina Rottermaier, prende il nome di "relevant factors", o circostanze attenuanti inerenti il sistema di calcolo del debito pubblico e del relativo rapporto, parametro questo che non si discute, presente già da Maastricht.
L'egoismo conservatore a cui ci avevano abituato i due incalliti politicanti da strapazzo, Sarkozy e Merkel, si dovranno ora scontrare con un capo di governo della terza economia dell'eurozona, membro fondatore e con prestigio personale e politico (europeo), da farli meritatamente sfigurare. Il richiamo ad una maggiore apertura da parte dei tedeschi è diventata una battaglia italiana, finalmente.
L'intervento su cui Monti si dovrà spendere maggiormente riguarda la fase di riscrittura dei Trattati istitutivi, tasto delicatissimo, come si può presupporre.
In particolare, quello che (finalmente, si, non mi stanco di enfatizzarlo) Italia e Francia dovranno far passare alla signorina Rottermaier, prende il nome di "relevant factors", o circostanze attenuanti inerenti il sistema di calcolo del debito pubblico e del relativo rapporto, parametro questo che non si discute, presente già da Maastricht.
Come si può leggere qui, le «attenuanti», che non erano state inserite nella prima bozza del Trattato intergovernativo, sono spuntate nell'ultimo draft del documento: ora l’articolo 4 del Trattato, che dispone la «regola del debito », prevede un riferimento esplicito al regolamento 1177/2011 in base al quale devono essere considerate le attenuanti nel calcolo delle procedure di rientro dal debito.
I “relevant factors” ci vedono in vantaggio: si va dalla sostenibilità del sistema pensionistico alla ricchezza privata. Di conseguenza, secondo le prime valutazioni di ambienti governativi, la traduzione in cifre delle «attenuanti» ridurrebbe la base di partenza del nostro debito di 30 punti percentuali, dal temibile 120 per cento del Pil al virtuale 90 per cento.
I “relevant factors” ci vedono in vantaggio: si va dalla sostenibilità del sistema pensionistico alla ricchezza privata. Di conseguenza, secondo le prime valutazioni di ambienti governativi, la traduzione in cifre delle «attenuanti» ridurrebbe la base di partenza del nostro debito di 30 punti percentuali, dal temibile 120 per cento del Pil al virtuale 90 per cento.
A ciò va aggiunta la pressione italiana per inserire nel Trattato l’impegno alla crescita, la creazione di posti di lavoro e l’allargamento del mercato interno (criteri non dissimili da quelli perseguiti da un governo federale, come potrebbe essere quello USA, e competenze in più per la BCE, in analogia con la FED), è incappato nello stop di Germania e Paesi del Nord. Fortunatamente l’idea che senza crescita non si va da nessuna parte è ben radicata nel governo. Va detto inoltre che è già arrivato un no, sullo scorporo della spesa per investimenti dal deficit-Pil, cosa che dovrebbe essere fatta senza dubbi e ripensamenti.
Quello che aspetta Monti è un lavoro molto delicato e difficile, tanto da spingerlo ad andare a Bruxelles per tastare personalmente il terreno, circa il lavoro da portare avanti riguardo al trattato. Se il nuovo trattato conterrà dispozioni più stringenti per la elaborazione dei bilanci degli stati (vede questione sulle landbank tedesche, i cui debiti non rientrano nel debito pubblico nonostante siano pubbliche ed abbiano garanzia federale ---> AAA come rating, e da parte nostra la CassaDDPP), avremo tutto da guadagnarci; qualcun altro, tipo UK, potrebbero invece rivelarsi peggio di quanto non siano già ora.
C'è da sperare che riesca nel suo intento. Personalmente spero che ci riesca; considero positivo il fatto che il cambio che abbiam avuto al governo possa innescare risultati soddisfacenti a livello europeo, dove, è un dato di fatto, la latitanza del nostro paese si è fatta sentire progressivamente di più in questi anni.