26 gennaio 2012

La Germania del pallone


Michel Platini, presidente UEFA, nei giorni scorsi è tornato a parlare di fair play finanziario nel calcio europeo.

L'UEFA ha fatto i conti scoprendo che le squadre dei principali campionati europei mettono insieme un deficit complessivo di oltre 1,5 miliardi di euro. Una situazione insostenibile, specie perché i soldi distorcono la competizione: sovente chi più spende va avanti nelle competizioni europee e incassa di più.

L'UEFA perciò interviene chiedendo, tra mille resistenze, ai club di applicare le stesse regole economico-finanziarie, regole che limitino i debiti e le perdite finanziate da presidenti ricchi alla ricerca di popolarità, invitando gli stessi club a far crescere le entrate con il merchandising e gli stadi di proprietà.

Se le regole sul fair play finanziario dell'UEFA si applicassero subito molte società prestigiose sarebbero nei guai: i due Manchester, Real Madrid e Barcellona, Chelsea, Paris St.Germain, Milan, Inter e forse la Juve (che dalla sua ha lo stadio di proprietà) non avrebbero i numeri per giocare le coppe europee.

E mentre Ernesto Paolillo, amministratore dell'Inter, spiega che occorre comprare giovani e vendere i giocatori che guadagnano di più, come successo la scorsa estate con la cessione di Eto'o, Karl Heinz Rumenigge, dirigente del Bayern Monaco, invita la UEFA a definire regole certe e severe da subito, temendo che i presidenti spedaccioni approfittino finchè possono dell'assenza di regole.

Anche l'Europa del pallone, insomma, somiglia all'Europa economica. Una sola nazione ha i conti a posto e chiede che gli altri, che vivono al di sopra delle proprie possibilità, si adeguino.