Dopo aver varato a dicembre una serie impressionante di imposte e qualche taglio per rimettere in sesto i conti pubblici, il governo Monti ha varato la fase due, quella delle liberalizzazioni, che come uno tsunami hanno travolto tutto e tutti, dai taxisti ai farmacisti passando per banche e gas.
Sul piano economico si tratta di una svolta che promette, secondo Monti, di far salire il PIL, l'occupazione e le retribuzioni, ma anche una necessità, visto che la crescita non può essere alimentata dalla spesa pubblica.
Si devono perciò aprire i mercati nei due modi previsti dagli economisti: riducendo o eliminando le barriere all'entrata e riducendo le rendite.
Le barriere all'entrata sono tutti quegli ostacoli, di natura regolamentare o economica, che rendono difficile entrare in un mercato e garantiscono una rendita, vale a dire un guadagno superiore a quello conseguibile in un mercato più aperto e concorrenziale.
Si capiscono così le resistenze di chi teme non solo di fare i conti con un reddito inferiore, ma anche di affrontare più elevati rischi d'impresa.
Ma aumentare la concorrenza non significa trasferire incassi e reddito da chi già opera su un mercato ai nuovi entrati, effetto in ogni caso non trascurabile per noi liberal se serve a distribuire meglio il reddito, ridurre le differenze e creare occupazione.
Significa anche che chi opera su un mercato deve cercare nuove strade per produrre rreddito. La sopravvivenza dell'impresa richiede di abbassare i prezzi, aumentare le merci vendute o i servizi offerti alla clientela e per questo gli economisti credono che liberalizzare faccia bene all'economia: chi compra paga di meno i prodotti esistenti e ne acquista una maggiore quantità, oltre a essere stimolato a acquistare nuovi beni e servizi.
Non sappiamo quali saranno, in concreto, la portata delle liberalizzazioni volute dal governo Monti, ma è lecito sperare se le liberalizzazioni funzioneranno diminuirà la tendenza a immaginare che i figli debbano svolgere il lavoro dei padri.
E' un vizio molto diffuso che forse spiega molti dei ritardi italiani. Chi, svolgendo un certo mestiere, pensa di spingere i figli a svolgere lo stesso mestiere, sarà ancora più propenso a respingere la concorrenza e i cambiamenti, mentre i figli, magari spinti controvoglia a seguire le orme dei genitori, sono meno stimolati a studiare, a innovare o a competere.
Dunque se anche le liberalizzazioni di Monti non produrranno gli effetti desiderati in termini di crescita del PIL, dell'occupazione o di reddito, almeno dovrebbero rimescolare un pò le carte sul piano sociale, rendendo meno probabile che il figlio dell'avvocato sia pure lui avvocato o che il figlio dell'operaio rinunci a priori a seguire le sue passioni, ben sapendo che, a causa di un'economia chiusa, difficilmente potrà trasformarle in un mestiere redditizio.