17 settembre 2012

Fabbrica Italia: i nodi vengono al pettine

Fabbrica Italia, il progetto di Fiat annunciato un paio d'anni fa per far crescere la e rendere efficiente la produzione di auto in Italia con grandi investimenti, ormai è carta straccia. Un comunicato di Fiat ha annunciato che gli impegni presi saranno rivisti e che il progetto di due anni fa ormai non ha senso, visto che la domanda di auto è crollata ai livelli di 40 anni fa.

Il comunicato ha sollevato un polverone. Politici e sindacati hanno trattato la Fiat come se un traditore che vuole produrre auto altrove o come un'impresa inaffidabile che promette e non mantiene gli impegni.

La domanda a cui nessuno pare voler rispondere è un'altra: perchè la Fiat, che opera in un mercato in forte crisi dovrebbe mantenere obiettivi di produzione irrealistici, investendo milioni di euro in impianti destinati a produrre auto che nessuno comprerebbe?

Il ragionemento del governo e di parte del governo e di parte dei politici, soprattutto di centro-destra, consiste nel dire: creiamo le condizioni per gli investimenti  e sicuramente gli imprenditori faranno la loro parte. Una teoria che può funzionare solo se l'economia cresce, ma del tutto inadatta a fornire soluzioni valide nei momenti di recessione.

Ma è anche una teoria che non fa i conti con la realtà e anche con la storia: le imprese nascono e crescono dove c'è una domanda (se no la probabilità di far nascere e crescere un'impresa sarebbe la stessa a Milano e a Reggio Calabria e avrebbe ragione chi, come Pino Aprile, lascia intendere che il sud è stato volutamente penalizzato), non dove il lavoro costa meno o dove si neutralizzano i sindacati scomodi.


Di fronte al crollo della domanda di auto, tutti appaiono spiazzati.

Chi ha creduto nel progetto Fabbrica Italia e chiesto appoggiato il piano di Marchionne adesso si mangia le mani: gli operai rischiano il lavoro e se la prenderanno con chi li ha spinti controvoglia a approvare il referendum della Fiat.

Chi, a destra, ha spiegato che tutte le colpe erano della Fiom, sembra scoprire solo oggi il problema, come spiega Massimo Mucchetti sul Corriere (vedi qui).

Chi, a sinistra, ha criticato la Fiat e chiede progetti e investimenti, sembra non capire che investimenti e innovazioni non sono la soluzione, come dimostra il caso della nuova Panda, poco venduta benchè sia una novità prodotta in una fabbrica efficiente dove si applicano le regole volute da Marchionne, e come dimostrano le strategie di altre case automobilistiche europee in crisi nonostante abbiano sfornato nuovi modelli.

Infine Monti, che dichiarava che Fiat è libera di investire dove preferisce, sembra fare marcia indietro, abbandonando, forse, le posizioni troppo liberali perché capisce che il disimpegno della Fiat, se ci sarà, vuol dire più problemi economici e sociali in un paese stremato.