24 agosto 2012

Le lezioni di Opel

Mentre a Rimini la ministra Fornero discute di giovani, lavoro e fisco, dalla Germania arriva un segnale molto interessante dal mercato dell'auto: Opel è in crisi e sta per prendere provvedimenti: riduzione dell'orario di lavoro e della produzione in alcuni stabilimenti nei restanti mesi dell'anno.

Ma come, vien da dire, non c'era l'euro a favorire i produttori tedeschi garantendo una minor differenza di prezzo tra i prodotti "made in Germany" e quelli italiani o francesi di quella ipotizzabile se non ci fosse l'euro?

Eppure Opel è in crisi. Nonostante abbia rinnovato i modelli vende meno di Fiat. L'euro non è la causa di tutti i mali. Prima lezione.

Tre anni fa quando General Motors, proprietaria di Opel, pareva intenzionata a liberarsene, Marchionne provò a comprarla, incontrando l'ostilità del governo tedesco, dei lander che ospitano gli stabilimenti Opel, dei sindacati e alla fine pure di General Motors, che restò a lungo incerta sul da farsi e alla fine decise di non vendere Opel neppure agli austriaci di Magna, graditi ai tedeschi.

Marchionne voleva integrare Fiat e Opel in Europa, ma tagliando alcune produzioni di Opel. Aveva visto giusto sul piano produttivo (seconda lezione), visto che da allora Opel non ha generato utili ma solo perdite e oggi è costretta a intervenire nella direzione di un taglio produttivo, ma era perdente sul piano delle relazioni industriali (terza lezione). 

I tedeschi infatti obbligano le imprese a concordare con i sindacati le misure necessarie per affrontare le crisi e il sistema pare funzionare bene. Da noi si cerca lo scontro, con la conseguenza che quando Marchionne è andato in Germania a discutere di un possibile acquisto di Opel nessuno s'è schierato dalla sua parte, anche se aveva capito forse meglio di tutti la situazione di Opel e di cosa aveva bisogno.


Quando sarebbe bello se Elsa Fornero invece di andare a strappare applausi a Rimini imparasse le lezioni che arrivano dalla Germania e in particolare da Opel e cogliesse l'occasione per far riflettere i suoi colleghi di governo sull'utilità di adottare modelli di relazioni industriali diversi, capaci di ispirare più fiducia all'estero e magari di produrre qualche buon risultato pure in Italia, dove sappiamo fare molte cose ma non gestire le relazioni industriali senza contrasti eccessivi.