Un primo dubbio su questa visione nasce da una considerazione banale: gran parte dei è destinato al mercato interno e solo una parte della produzione va all'estero, dove risente della competitività dei paesi stranieri.
Inoltre negli ultimi anni sono state le imprese esportatrici a far registrare i risultati migliori, anche se le imprese italiane sono (o, meglio, sarebbero) meno competitive a causa di maggiori imposte e di un maggior costo del lavoro.
Ma cosa dicono i dati?
Secondo l'istituto di statistica tedesco Destatis (vedi qui) l'Italia non è poi messa tanto male quanto a costo del lavoro, che risulta inferiore a quello di quasi tutti i paesi "ricchi" d'Europa (l'anomalia del Regno Unito si spiega con il cambio euro/sterlina).
Il nostro costo del lavoro medio è inferiore a quello dei paesi dell'Europa settentrionale dove si pagano aliquote d'imposta molto elevate.
La Svezia in particolare, è il paese con le imposte e il costo del lavoro tra i più elevati...ma non per questo è un paese povero o in declino.
Questo perchè producono beni da paese "ricco", cioè beni a alto valore aggiunto, al contrario dell'Italia che così si trova a fare i conti con la concorrenza dei paesi dell'est Europa perchè produce beni che valgono di meno.
Dove si pagano più imposte e queste sono usate per ridurre le disuguaglianze, sia attraverso una redistribuzione del reddito sia tramite l'offerta di servizi che aumentano il "capitale umano", come l'istruzione, l'economia funziona meglio, è più competitiva, ha una domanda più elevata e stabile.