Cerchiamo di capire cosa significa e se è possibile.
Lo stato offre servizi che fa pagare con le imposte. Quando spende più soldi delle imposte che incassa, la differenza, chiamata deficit o disavanzo (il surplus o avanzo si verifica quando le entrate superano le uscite) si finanzia prendendo i soldi in prestito da qualcuno che li ha, cioè dal risparmiatore.
Se l'anno successivo c'è un altro deficit, lo stato si indebita ulteriormente. Il debito cresce alimentato dai deficit annuali arrivando, come nel caso italiano, a superare il valore del PIL.
Il debito consiste in titoli di stato (BOT e CCT per intenderci) che danno diritto a chi li possiede di incassare un interesse e, alla scadenza del titolo, il valore del titolo.
Se compro CCT con un valore nominale di 5000 euro, periodicamente incasso gli interessi. Alla scadenza incasso 5000 euro.
Se lo stato anno dopo anno è sempre in deficit, i 5000 euro me li restituisce solo indebitandosi ulteriormente: mi dà 5000 euro ma li chiede in prestito ad altri.
Il rischio è di non trovare sottoscrittori dei BOT e CCT o di trovarli solo promettendo interessi elevati, che fan salire i costi per lo stato e segnalano un basso merito di credito dello stato. In questo caso si rischia il fallimento dello stato, elegantemente definito default.
C'è poi il rischio che, specie quando i titoli sono in scadenza e devono essere rinnovati, qualcuno speculi contro i titoli di uno stato per guadagnarci e che la speculazione allontani i potenziali sottoscrittori, facendo salire i tassi da pagare.
Di fronte a questa prospettiva, qualche politico si domanda: perché non consolidare il debito pubblico? Lo ha fatto il solito liberista convinto che tutto ciò che sa di pubblico sia negativo, Benedetto Della Vedova (vedi qui).
Consolidare il debito pubblico significa dire a chi possiede titoli: ve li tenete per sempre o comunque a lungo perchè lo stato non intende (almeno a breve) restituire il capitale quando i titoli scadono. Vi pagheremo solo gli interessi.
Se una prospettiva simile diventasse realtà, per molti anni uno stato non potrebbe più collocare titoli sul mercato: nessuno presterebbe soldi a chi non li restituisce. Nessuno vorrebbe CCT che non danno diritto alla restituzione del capitale e nessuno, per questo motivo, presterebbe soldi a uno stato che consolida il debito pubblico.
Perciò il consolidamento è possibile solo in due casi: se la situazione è disperata (meglio il consolidamento del fallimento o se il bilancio dello stato è in pareggio o in avanzo, così da non dover chiedere soldi al mercato.
Ma se uno stato ha un bilancio a posto, paga regolarmente gli interessi e rinnova il debito. Non ha bisogno di consolidare il debito.
In questo caso, il debito pubblico è come se fosse già consolidato. Se il debito è rinnovato senza difficoltà, si verifica una situazione simile a quella di uno stato che non restituisce il debito, ma dove i creditori possono, quando vogliono, cedere ad altri i CCT.
Dunque l'idea di consolidare il debito pubblico non ha senso. E neppure l'idea di vendere il patrimonio dello stato, per gli stessi motivi elencati sopra.
Se c'è un deficit, magari elevato, e si vendono beni di proprietà pubblica, il debito non cala o, se va bene, diminuisce temporaneamente.
Se invece il bilancio è in avanzo, è molto bassa la probabilità che lo stato non trovi investitori disposti a sottoscrivere BOT e CCT e quindi si può fare a meno di vendere (o meglio svendere) i beni dello stato.