20 ottobre 2011

Debito pubblico e debito privato


In Italia abbiamo uno dei debiti pubblici più alti del mondo e anche uno dei più pericolosi.
Giustamente, a mio parere, le agenzie di rating considerano l'Italia poco affidabile e potenzialmente insolvente, costringendoci a finanziarci a caro prezzo sul mercato dei titoli di stato.
E' ovvio che ci sarebbe molto da dire sul fatto che agenzie private di rating americane giudicano i debiti di tutto il mondo, quelle stesse agenzie spesso accusate di collusione con le maggiorni banche di affari mondiali. Quelle banche che non si sono accorte erano piene di subprime e sfornavano prodotti con la tripla A certificata proprio da loro.
C'è però un fattore che viene poco considerato e che sta diventando importante ultimamente con la crisi finanziaria europea: le connessioni tra debito pubblico, bancario , aziendale e privato.

Innanzitutto vi segnalo queste considerazioni che risalgono a quest'estate e questo interessante grafico, che serve almeno per capire a grandi linee.

Ora, io sostengo che in caso di crisi il debito, pubblico, privato, aziendale e bancario, sono in sostanza la stessa cosa.
Vediamo come.
Il debito pubblico è quello più facilmente stimabile: somma dell'indebitamento delle amministrazioni pubbliche, più gli enti pubblici territoriali (comuni, regioni...) e non, in quanto lo stato non li lascerebbe fallire.
Poi veniamo alle banche europee: i governi non lasceranno che le banche più grandi falliscano, questo perchè ciò provocherebbe danni maggiori all'economia, con fallimenti a catena, che salvarle con soldi pubblici.
Quindi il debito bancario e le relative perdite, si trasferiscono al bilancio dello stato.
Un esempio pratico e di attualità: se le banche francesi rischiano di fallire perchè sono piene di titoli greci che hanno comprato tempo addietro (e scadono tra tipo 15 anni) non li vuole più nessuno, e la Grecia fallisce, magari annunciando che ripagherà il 40% dei propri titoli, allora il governo francese per evitare fallimenti bancari a catena, ricapitalizzerà o nazionalizzerà le banche in difficoltà, di fatto trasferendo i debiti bancari allo stato.
Questo meccanismo non è che succede sempre e comunque: le banche italiane hanno pochi titoli greci in portafoglio e in caso di fallimento greco sarebbero in grado di assorbire le perdite, non così le banche tedesche e francesi.

Poi veniamo al debito aziendale e privato. Se l'economia va male e le imprese cominciano a fallire, licenziano, e di conseguenza le famiglie non riescono più a ripagare i loro debiti a lungo termine (mutui) o a breve termine (carte di credito) tutto il credito erogato a imprese e famiglie non sarà restituito alle banche e le banche si ritroveranno piene di insolvenze aziendali e private.
In questo caso si arriverà di nuovo ad un rischio di fallimento bancario e lo stato dovrà di nuovo intervenire, in modo da trasferire i debiti allo stato.

Ecco così completato il percorso: famiglie e imprese -> banche -> stato

Quindi in caso di crisi, debito pubblico, privato o di aziende non fa molta differenza, in ogni caso si produrrà una crisi di solvibilità bancaria e allora allo stato rimarranno solo due scelte:

1. lasciar fallire le banche
2. salvare il sistema indebitandosi

Attualmente gli stati, tutti eccetto l'Islanda, hanno e stanno scegliendo la seconda soluzione.
Va quindi compreso, anche se non condiviso, il punto di vista di Tremonti, quando diceva di considerare anche il debito privato oltre che quello pubblico.
Tremonti forse si è però dimenticato che il debito pubblico è sempre rilevante, in quanto lo stato ci paga puntualmente interessi, invece il debito privato e delle aziende, se l'economia cresce, è irrilevante, per l'effetto leva che ha sull'economia. Quest'ultimo diventa quindi rilevante solo nei periodi di profonda crisi.
E così è stato nell'estate 2011: l'unica ad essere pesantemente punita dai mercati è stata l'Italia, non gli altri paesi europei che scontano livelli di debito aggregato ancora più alti del nostro.

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