Intervenuto all'assemblea ABI, Mario Monti s'è scagliato contro la concertazione, che considera causa dei mali dell'economia attuale.
La segretaria della CGIL, Susanna Camusso, ha reagito osservando che Monti non sa di cosa parla e che l'ultima volta che s'è usato il metodo della concertazione è stato nel 1993. Difficile dunque che ad un metodo usato raramente e l'ultima volta 20 anni fa si possano imputare i mali del paese.
Tanto più che il metodo della concertazione nel 1993 era stato voluto da Carlo Azeglio Ciampi. Un tecnico, si direbbe oggi, prestato dalla Banca d'Italia, l'istituzione più credibile in campo economico, per salvare l'economia di un paese che rischiava, come nel 2011, di fallire.
Allora Ciampi riuscì, come scrive Mario Deaglio (1), a realizzare un accordo che poggiava su tre gambe: si facilitavano la moderazione salariale e le ristrutturazioni industriali, si aumentavano le imposte solo a carico di lavoratori autonomi e agli imprenditori, e si tenevano sotto controllo i conti pubblici attraverso la riforma delle pensioni e della psesa pubblica.
La logica di fondo è che ogni categoria debba rinunciare a qualcosa, moderare le richieste, fare qualche sacrificio in vista di un interesse generale: i conti pubblici in ordine, la crescita dell'economia e dell'occupazione, il riequilibro della bilancia commerciale, ecc.
In molti paesi del nord Europa questo metodo è la norma e produce risultati spesso positivi. In Italia, invece, si usa un metodo diverso: gli interessi si scontrano, come nel sistema anglosassone, salvo porre a carico dello Stato gli oneri di cui nessuno vuole farsi carico.
Forse Mario Monti crede che questo metodo "italiano" sia la concertazione, confondendola con quella vera, voluta da Ciampi. O forse pensa davvero che la concertazione sia un male e preferisce che gli interessi si scontrino senza alcuna mediazione o intervento pubblico?
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(1) Mario Deaglio, Liberista? Liberale, Donzelli, pagg. 88-89