Da quasi un anno l'economia europea è alle prese con diktat tedeschi in materia di conti pubblici. Niente eurobond e niente interventi della BCE, tollerati solo quando tale posizione è diventata insostenibile.
Perchè la Germania è tanto ostile a una politica monetaria più espansiva?
Per capirlo occorre tornare indietro di quasi un secolo, alla prima guerra mondiale. Un disastro per la Prussia (ora Germania) condannata a pagare un pesantissimo risarcimento ai vincitori. Per anni i tedeschi sono stati costretti a fare enormi sacrifici per pagare il debito verso i vincitori. Le imposte venivano usate in gran parte per ripagare il debito di guerra e quel che restava non era sufficiente a pagare la spesa pubblica.
Non restava che finanziare la spesa pubblica con l'emissione di moneta. Durante la repubblica di Weimar questa scelta obbligata ha generato inflazione e incertezza, aprendo la porta al nazismo e lasciando un'eredità pesante: nel secondo dopoguerra la banca centrale tedesca, la Bundesbank, ha preferito combattere il rischio inflazionistico anche a costo di sacrificare la crescita.
Lo sforzo per ripagare il debito di guerra e le politiche monetarie della Bundesbank hanno spinto i tedeschi a rendere più efficiente l'industria, che quando c'era il marco non poteva fare affidamento sulle svalutazioni.
Si spiega così la politica economica della cancelliera Merkel e le resistenze della Bundesbank a lasciare che la BCE realizzi una politica monetaria più espansiva: la Germania resta legata ai suoi valori, alla lotta all'inflazione come obiettivo primario della politica economica e al duro lavoro per rimettere in sesto i conti pubblici, proprio come hanno fatto dopo le due guerre.
La prima guerra mondiale ha prodotto un mostro che pesa ancora oggi sull'Europa: Hitler fece leva sulla voglia di rivalsa dei tedeschi sconfitti, la Merkel e la Bundesbank restano fedeli alle scelte economiche imposte dall'inflazione di Weimar.