13 marzo 2011

L'eredità di Keynes

Il mio primo manuale di economia definiva l'economia come la disciplina che studia cosa si produce, come si produce e per chi si produce. Adotttava il punto di vista dell'azienda, che offre beni e servizi per soddisfare una domanda che l'impresa non può modificare facilmente.

La singola impresa può offrire prodotti più competitivi, sottrarre clienti ai concorrenti, diminuire i costi ecc ma non influenza la domanda, se non in modo marginale.

Il punto di vista "aziendale" ha influenzato le scelte degli economisti, che per molto tempo hanno trascurato la domanda, convinti che dipendesse dall'offerta e che difficilmente potesse diminuire al punto da provocare crisi economiche prolungate.

La legge di Say, elaborata a inizio ottocento spiegava che la domanda si adegua sempre all'offerta.

Say osserva che in un'economia basata sul baratto, chi produce un bene e non lo consuma, non vede l'ora di scambiarlo con un altro bene, che vuole consumare. L'offerta determina la domanda che perciò non può scendere troppo, garantendo che l'economia non subisca crisi violente. Inoltre Say considerava la moneta una merce che si scambia con altre merci.

Più di un secolo dopo, il protrarsi della crisi del 1929 ha spazzato via la legge di Say: le imprese offrivano beni e servizi, ma la domanda era insufficiente.

Keynes ha spiegato che la domanda non dipende dall'offerta, che la moneta non è una merce da barattare con altre merci, e che, specie nei momenti di incertezza, non si corre a spendere i soldi.

Grazie a Keynes, la domanda aggregata è diventata oggetto di studio, e si è posta in relazione la domanda aggregata con il reddito e le scelte di consumo delle persone.

Grazie a Keynes si è compreso che se la domanda è debole, le imprese non investono e non creano nuova occupazione e che una crisi può aggravarsi, richiedendo misure drastiche, compreso il ricorso al debito, per frenare la caduta dell'economia e rilanciare la domanda e l'occupazione.

Keynes ha avuto il merito di aver offerto un nuovo punto di vista da cui osservare l'economia.
Al punto di vista dell'impresa che offre beni e servizi, si è affiancato il punto di vista dello stato e dei lavoratori, ognuno con proprie esigenze.

Keynes ha messo al centro dell'economia il tema dell'occupazione, ha criticato le riparazioni di guerra imposte alla Prussia sconfitta nella prima guerra mondiale ed ha fatto parte della delegazione britannica a Bretton Woods. Avrebbe voluto diritti di prelievo più consistenti, per rendere più stabile il sistema, ma ha perso, sconfitto dagli americani poco inclini a limitare gli interessi privati.

E ha lasciato un forte insegnamento alle generazioni successive di economisti: l'economia non può essere ridotta allo studio e alla difesa degli interessi di imprese e privati cittadini, ma è una disciplina a più ampio respiro che può anzi deve occuparsi di tutti gli aspetti economici della vita e degli interessi di tutti.

Ben altro dall'opinione, diffusa da chi non gradisce Keynes e considera l'economia una disciplina al servizio degli interessi privati, secondo cui "keynesiano" è chi predica un costante aumento della spesa e del debito pubblico.