30 marzo 2011

Disoccupazione e libertà di licenziare: esiste un legame?

I liberisti dicono che il tasso di disoccupazione dipende anche dalla libertà di licenziare: dove si licenzia liberamente, il tasso di disoccupazione sarebbe più basso. Quindi consigliano di liberare l'imprenditore dai vincoli al licenziamento, a cominciare dall'articolo 18 dello statuto dei lavoratori.

Fino a due anni fa si citava, come prova, gli USA. Il tasso di disoccupazione era inferiore al tasso di disoccupazione europeo. Era... Oggi la disoccupazione USA è poco inferiore al 10%, mentre in Germania siamo al 7,3% benchè non sia facile licenziare e, anzi, aziende come Siemens promettono di non licenziare mai.


Ci sono almeno due buone ragioni per dire che il tasso di disoccupazione non dipende -se non in modo marginale- dalla libertà di licenziare.

La prima è che, all'interno dello stesso stato, ci sono tassi di disoccupazione diversi. Difficile immaginare che la differenza tra il 5% di una regione e il 15% di un'altra dipenda dalla libertà di licenziare, perchè le regole sono uguali.

La seconda è che è difficile immaginare un'impresa che aumenta in modo rilevante il numero di lavoratori solo perchè è libera di licenziarli. Può succedere nelle imprese con meno tecnologia: un hotel può assumere un maggior numero di dipendenti per offrire un servizio migliore, ma non si aumentano i lavoratori alla catena di montaggio.

Molti lavori richiedono una formazione costosa. Se licenziati, l'impresa perde l'investimento. Non conviene licenziare chi ha imparato un mestiere o chi ha buoni rapporti con un cliente dell'azienda.

In ogni caso è la domanda che spinge le imprese ad assumere. Sarebbe curioso il caso di un'impresa che assume esclusivametne perchè libera di licenziare.

A conferma di ciò c'è la crisi: oggi il tasso di disoccupazione americano supera quello tedesco, anche se negli USA le regole sono molto più favorevoli all'impresa. Inoltre gli studi sembrano suggerire, come riportava nel 2003 Emiliano Brancaccio su Liberazione (vedi qui), che la libertà di licenziamento influenza solo in modo marginale il tasso di disoccupazione.

Ma come si spiega che in Germania, dove si licenzia con più difficoltà, il tasso di disoccupazione è attorno al 7,5% mentre gli USA sono poco sotto il 10%?

Proprio con le regole: se è più difficile licenziare un lavoratore, l'impresa cercherà di fare in modo che il suo lavoro sia più redditizio. In caso di crisi si assottiglia il guadagno dell'impresa che non lo licenzierà fino a quando guadagna. Se un'impresa invece, libera di licenziare, investe poco nel lavoratore e si accontenta di un guadagno inferiore, lo licenzierà più facilmente.

Così le imprese più vincolate cercheranno di formare il lavoratore, di fornirgli gli strumenti di cui necessita, di conquistare i mercati più redditizi.

La crisi ha colpito maggiormente le imprese e le economie che puntavano sul basso costo della manodopera poco qualificata, mentre si rafforza l'economia tedesca dove è più difficile licenziare.

E' una lezione anche per l'Italia, dove molti esponenti del governo (come Sacconi e Brunetta) e anche parecchi dell'opposizione (Ichino) puntano solo su un lavoro poco qualificato e a buon mercato, ignorando le ricadute positive di regole più restrittive.

8 commenti:

  1. Purtroppo anche qui in Spagna sono state prese ultimamente politiche liberiste in questo campo, la reforma laboral ha reso più facili i licenziamenti.
    Il governo dice che però va bene anche per il lavoratore perchè nella stessa riforma sono stati messi anche incentivi ai contratti a tempo indeterminato...mah

    Posso capire i tagli perchè la Spagna aveva un deficit come dell'11% e più, ma questa non mi piace proprio

    Peccato perchè prima della crisi Zapatero andava alla grande anche nelle politiche sociali

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  2. dipende dalla motivazione. Se è: licenziate pure così l'occupazione crescerà, si tratta di una misura sbagliata

    La motivazione invece potrebbe essere un'altra: consentire alle imprese che avevano assunto troppo, confidando in una crescita sostenuta, di rimettere i conti a posto

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  3. Mi sembra di capire da quanto ho sentito dire in giro che ora un impresa se è perdita può licenziare

    Traduco dalla wikipedia spagnola, andando direttamente alla sezione "contenuto della riforma" (e riassumendo le cose):
    http://es.wikipedia.org/wiki/Reforma_laboral_en_Espa%C3%B1a_en_2010

    -Sospensione della vigenza della contrattazione lavorativa:
    La riforma apre la possibilità che nel caso in cui impresa e lavoratori si accordino, a causa della crisi, si possa non applicare il regime salariale previsto dalla contrattazione collettiva.

    -Riduzione della giornata lavorativa per cause economiche:
    La riforma permette alle imprese di ridurre la giornata lavorativa dei lavoratori per motivi economici. I lavoratori riceveranno il sussidio di disoccupazione per le ore non lavorate.

    -Fondo di capitalizzazione (traduco letteralmente non so cosa è un fondo di capitalizzazione), per contratti a tempo indeterminato:
    Dal 1 gennaio 2012 sarà operativo un fondo di capitalizzazione per i lavoratori mantenuti durante tutta la loro vita lavorativa, di una quantità equivalente al numero di giorni di salario per anno di servizio.

    -Penalizzazione dei contratti a tempo determinato:
    Il lavoratore sarà fisso dopo 3 anni se è stato con 2 o più contratti nello stesso posto "o differente", nella stessa impresa, "o gruppo di imprese", e elevò la indennizzazione da 8a 12 giorni per anno lavorato.

    -Ampliazione dell'indennizzazione a 33 giorni per anno lavorato in caso di licenziamento ingiustificato:
    La riforma ha ampliato il numero di lavoratori che possono essere protetti dall'indennizzazione di 45 giorni per anno lavorato, garantendo l'indennizzazione di 33 giorni per anno lavorato alle figure contrattuali alle quali prima non era riconosciuto questo diritto.

    -Fondo pubblico di copertura d'indennizzazione per licenziamento:
    lo Stato si farà carico di parte del costo che grava sulle imprese d'indennizzazione per i licenziamenti, tranne che per i licenziamenti disciplinari.

    -Licenziamento per perdita da parte dell'impresa:
    La riforma facilitò il licenziamento delle imprese in perdita economica, (20 giorni d'indennizzazione per anno lavorato), prima erano 45.

    -Licenziamento per astensionismo lavorativo:
    Se l'astensionismo medio di un'impresa supera il 2,5%; l'impresa potrà licenziare per assenteismo quei lavoratori che manchino più del 20% dei giorni lavorativi di un mese, o il 25% se sono 4 mesi consecutivi in un periodo di 12 mesi."

    Una riforma molto discussa, che ha fatto arrabbiare tanto i sindacati quanto la CEOE (Conferaciòn Española Organizaciones Empresariales).

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  4. al punto 3 è "si eleva", non elevò*

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  5. paiono scelte per rimettere in corsa le imprese

    qualche misura ricorda molto le scelte controverse di Marchionne per gli stabilimenti italiani di fiat

    fiat non pagherà taluni giorni di assenza se l'assenteismo non scenderà sotto certi livelli... lì si licenzia se il tasso di assenteismo non scende sotto il 2,5%

    idem per la sospensione dei contratti collettivi

    la penalizzazione del lavoro a tempo determinato ricorda le scelte di Prodi. Serve a rendere + conveniente l'assunzione a tempo indeterminato

    complessivamente mi paiono buone scelte, anche se a qualcuno non faranno piacere. Bisogna vedere cosa farebbe il PP se governasse, per capirne di +

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  6. I sindacati contestano i 2 punti in cui si rendono più economici i licenziamenti.
    La ceoe contesta il fatto che avrebbe voluto più flessibilità e non vuole le penalizzazioni per i contratti a tempo determinato.

    Il PP, per lo meno in tutte le dichiarazioni che ho letto io, ha sempre detto cose simili alla ceoe, cioè che ciò di cui ha bisogno la spagna è più flessibilità ecc

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