Recentemente sto frequentando il corso per datori di lavoro per responsabile per la sicurezza. Faccio presente che la mia "azienda" conta un dipendente (e la donna delle pulizie) e che la stessa dipendente deve frequentare il corso come rappresentante dei lavoratori (cioè di se stessa) per la sicurezza e ho avuto modo di scambiare alcune opinioni in maniera abbastanza vivace con i docenti.
La causa di tutto questo è il monumentale decreto 81/2008 che prevede una serie di obblighi a carico dei datori di lavoro al momento dell'assunzione del primo dipendente. Le critiche mosse da noi discenti erano sostanzialmente di tipo economico: tutti siamo consci che la sicurezza sul lavoro è importante, importantissima e che gli incidenti e le malattie professionali dovrebbero essere zero, ma come si conciliano con i costi connessi alla sicurezza? E soprattutto con la cultura necessaria per la sicurezza e con le tante scelte scomode che la politica per prima dovrebbe fare e che scarica sulle imprese?
Ma andiamo con ordine. Il decreto 81 prevede una serie di adempimenti a carico del datore di lavoro molto onerosi sia dal punto di vista dei costi (o del tempo necessario), sia dal punto di vista sanzionatorio, sia penale che civile. Considerate che in un'azienda perfetta, dove tutti rispettano la sicurezza in maniera impeccabile, in caso di infortunio il responsabile è il datore di lavoro.... sembra assurdo ma è così: si tende ad escludere l'imponderabile, tutto può essere previsto ed evitabile.
Ma fin dove si arriva ragionando così? E chi si assumerà il rischio e i costi connessi in caso di incidenti o malattie professionali?
I problemi sono terribili per le aziende piccole, le quali hanno più o meno gli stessi adempimenti di quelle grandi, con la differenza che in quelle piccole è il titolare (o l'amministratore) a dover fare tutto: fare i corsi, comprare le scarpe antinfortunistica, imporle ai dipendenti, controllare che le mettano e verificare che seguano tutte le prescrizioni. E se c'è un incidente?
Bisogna sperare che non ci sia: in caso di decesso le procure aprono fascicoli d'ufficio per omicidio colposo a carico del datore di lavoro e l'INAIL, se si omette anche un particolare negli adempimenti per la sicurezza, si rivale sull'impresa e in caso di decesso, parliamo anche di milioni di Euro. E questo significa la rovina per tutti, sia per il lavoratore deceduto, sia per l'imprenditore, sia per gli altri dipendenti, perché nella maggior parte dei casi l'impresa chiude!
Il problema sta proprio nel coniugare la sicurezza con l'economicità: come comportarsi se a causa della sicurezza (assoluta) un'attività diventa antieconomica?
Faccio alcuni esempi
Il docente accennava alla pericolosità del trattore in agricoltura e io ho proposto, per eliminare gli incidenti sui posti di lavoro di eliminare i trattori: in questo modo non si avrebbe più alcun caso di ribaltamento e incidenti. In maniera più economica si potrebbe installare un rollbar, che però non eliminerebbe del tutto il rischio in caso di ribaltamento. Poniamo (caso reale) che il nostro dipendente guidatore di trattore sia punto da un'ape e, essendo allergico, muore. Il datore di lavoro sarebbe responsabile perché avrebbe dovuto chiedergli un certificato sulle allergie, dotarlo di un antidoto e non mandarlo in giro da solo (è difficile autoiniettarsi un siero in shock anafilattico...).
E' chiaro, al di la di qualunque considerazione che si rischia, ragionando così, di arrivare all'assurdo: qualunque evento è evitabile in linea di principio, anche le pioggie di meteoriti, ma quale è il prezzo da pagare?
Facciamo un altro esempio.
Se l'ILVA (e tante altre aziende in Italia) inquina e provoca un aumento dei tumori tutt'intorno, allora perché tante remore a chiuderla?
Forse perché impiega 20.000 dipendenti e causerebbe un disastro economico a Taranto?
Però è' pericolosa, quindi va chiusa, esattamente come tutte le attività potenzialmente pericolose! E' possibile produrre acciaio in maniera assolutamente pulita a un prezzo concorrenziale, cioè che l'acciaio prodotto non costi 10 € al Kg? Se la risposta è no, allora non ci sono soluzioni: niente malattie e incidenti e chiusura immediata dell'azienda!
E' molto facile e vigliacco per la politica sanzionare ex post, la politica dovrebbe avere il coraggio e la responsabilità di dire che è impossibile produrre acciaio senza inquinare quindi l'azienda va chiusa subito e i dipendenti farebbero bene a trovarsi immediatamente un altro lavoro! E questo per tutte le aziende inquinanti in Italia, con il solo dettaglio che a quel punto la sicurezza sul lavoro diverrebbe superflua, perché non ci sarebbe più lavoro.
Il futuro sarà molto difficile per le aziende siderurgiche, petrolchimiche, chimiche, manifatturiere, edili, meccaniche! Cioè appartenenti a settori dove escludere del tutto incidenti è molto, ma molto difficile e sicuramente molto costoso.
Il futuro sarà la desertificazione industriale dell'Italia (in atto anche per altri motivi...) e il conseguente spostamento delle aziende inquinanti in altri paesi? Perché sporcare qui? Sporchiamo altrove!
I milioni di posti di lavoro persi in questi ultimi anni (e quelli che perderemo nell'industria prossimamente), non li recupereremo più, perché chi rischierebbe di aprire aziende minimamente pericolose qui in Italia? Voi lo fareste?