11 agosto 2013

Due anni dalla lettera BCE

Due anni fa la BCE inviò al governo italiano la famosa lettera con cui raccomandava interventi per rimettere in sesto i conti pubblici.

Tagli alla spesa pubblica e incrementi di imposta sono costati quasi il 5% del PIL, hanno provocato la chiusura di un'infinità di aziende, centinaia di migliaia di persone hanno perso il lavoro, mentre i conti pubblici sono rimasti in sofferenza: se va bene a fine 2013 il deficit resterà al 3% del PIL mentre il rapporto debito è ormai pari al 130% del PIL.

Insomma, un disastro, causato da una parte dall'incapacità del governo Berlusconi di correggere i conti pubblici e dall'altro dalle ricette di politica economica conservatrici, che, imposte a mezza Europa, hanno depresso l'economia. Monti ha trasformato le ricette conservatrici in provvedimenti concreti, con effetti, per l'economia e molti milioni di italiani, peggiori del previsto.

Tralasciando le ipotesi peggiori, vale a dire che la lettera e le sue conseguenze servissero ad esempio a cacciare Berlusconi o a affossare l'economia italiana, come interpretare la lettera e i provvedimenti del governo Monti?

I mercati finanziari e i conservatori europei si sono convinti che l'Italia acesse bisogno dei cosiddetti "compiti a casa" ovvero di maggiori imposte e tagli alla spesa. Hanno caldeggiato la cacciata di Berlusconi, contrario ai sacrifici, e appoggiato Monti, che invece ha imposto i sacrifici e li vuole ancora.

Mario Monti, Mario Draghi, il FMI, l'OCSE e l'Europa sono contrari all'abolizione dell'IMU sulla prima casa nonostante gli effetti negativi legati al mantenimento dell'imposta perché preferiscono un paese pronto a fare sacrifici ad un paese che li rifiuta. Anche se i sacrifici costano in termini di PIL, occupazione, coesione sociale.

E' questo il significato della lettera di allora: si chiedeva all'Italia di rendersi disponibile a fare sacrifici, bollando come inaffidabile chi rifiutava tale logica.