30 luglio 2013

Carlo Felice

Vi ricordate la storia dei licenziamenti all'Ospedale San Raffaele? (vedi qui)
L'azienda in crisi aveva proposto tagli agli stipendi in cambio del mantenimento dei posti di lavoro. I dipendenti avevano respinto l'accordo, salvo cambiare idea di fronte alle prime lettere di licenziamento.


In questi giorni sta succedendo la stessa cosa con il Teatro Carlo Felice di Genova. Il teatro da tempo è in crisi proprio come il Maggio Fiorentino e altri teatri italiani.

Il sindacato Marco Doria, presidente della Fondazione che controlla il teatro, ha spiegato su facebook (Marco Doria x Genova): "Il Carlo Felice riceve dallo stato circa 11 milioni di euro. Ne arrivano poi 1 dalla regione Liguria, 1 da Iren e 2,3 dal comune di Genova. Circa 3 milioni si ricavano dagli incassi. Le entrate complessivamente raggiungono i 19 milioni, 14 dei quali sono contributi pubblici. I costi ammontano a 22-23 milioni di euro. Lo squilibrio è insostenibile. Per questo l’amministrazione del teatro ha stipulato - dopo due mesi di trattative - un accordo con le organizzazioni sindacali che prevede, per raggiungere un necessario equilibrio dei conti, il ricorso ad ammortizzatori sociali per tutelare i posti di lavoro e salvare il Teatro".

Ma i lavoratori (80 dei 132 presenti all'assemblea, su un totale di 273 dipendenti) hanno deciso di rinviare il referendum a settembre suscitando le ire di Doria, che ritiene che i lavoratori siano convinti che gli enti locali copriranno il deficit del Teatro.

Così scatta la decisione di mettere in mobilità 48 lavoratori, proprio com'era successo al San Raffaele.


Arriverà dunque il referendum (che assomiglia tanto a quello di Marchionne: o si accetta l'accordo o molti perderanno il posto) e una decisione che, c'è scommettere, sarà la stessa dell'ospedale milanese: nessun licenziamento, in cambio di tagli.
 

E ancora una volta dovremo chiederci il perché di scelte così miopi.