Fiat sembra intenzionata a smontare il tentativo del governo di legare incentivi e il salvataggo dello stabilimento di Termini Imerese.
Mentre il presidente del Senato, Schifani, spiega che non si devono dare incentivi a chi non salvaguarda impianti e occupazione, Marchionne in un'intervista a La Stampa spiega che Fiat può fare a meno degli incentivi e che l'importante è che il governo decida subito e che ci sia una politica industriale.
Una frecciata al governo, che latita in fatto di politica industriale, ma anche la constatazione che i consumatori sono in attesa degli incentivi. Nel frattempo non comprano automobili, col rischio che anche il 2010 sia disastroso per i lavoratori e per l'economia in genere.
Quindi prima il governo fa le sue scelte sugli incentivi, meglio è, per Fiat. Ma ci sono le regionali tra 50 giorni e c'è da aspettarsi che il governo voglia fare promesse elettorali evitando di fare scelte definitive. Poi, dopo le elezioni, la storia cambierà, come insegna il caso Malpensa: nel 2008 soprattutto la Lega ha manifestato considerando indispensabile la difesa del traffico Alitalia nell'aeroporto varesino. Dopo le elezioni Alitalia ha mantenuto le proprie scelte su Malpensa e nessuno è sceso in piazza.
Dunque anche in questo caso è lecito credere che il governo preferisca fare promesse e non concludere nulla prima di fine marzo.
Marchionne ha capito e si smarca, dichiarandosi disposto a rinunciare agli incentivi. Per non perdere la libertà di scegliere cosa fare nei propri stabilimenti.
Nel frattempo le borse crollano. La Stampa segnala le preoccupazioni di Paul Krugman a proposito della Spagna, dove il debito cresce rapidamente, il deficit è sopra il 10% (dovrebbe essere sotto il 3%) e la disoccupazione è attorno al 20%.
Zapatero dovrà intervenire pesantemente per rimettere in sesto i conti spagnoli con conseguenze difficili da immaginare.
Non è un fulmine a ciel sereno: in autunno le difficoltà della Grecia hanno messo in luce anche quelli di altri paesi, Spagna in testa.
La Spagna messa al tappeto dalla necessità di rimettere in sesto i conti allunga un'altra ombra sulle possibilità di ripresa nel 2010, con effetti negativi per tutto il continente.