08 gennaio 2010

Tassi di interesse: quale futuro?

La crisi è stata affrontata iniettando nel sistema economico una grande quantità di liquidità. Le banche centrali hanno prestato alle banche i soldi che i loro clienti hanno spostato altrove, e per farlo hanno ridotto drasticamente i tassi di interesse. La banca centrale americana ha quasi azzerato nel 2009 i tassi di interesse (1).

I bassi tassi di interesse servono alle imprese e ai cittadini indebitati, servono ai governi che hanno reagito alla crisi aumentando i deficit (quello italiano ha superato il 5% del PIL) e, nel caso degli USA, servono anche a far scendere il deficit commerciale: i tassi più bassi rendono meno attraente prestare soldi agli americani, e ciò fa scendere il dollaro e fa aumentare le esportazioni americane e diminuire le importazioni.

Ma i tassi bassi sono utili anche al resto del mondo, specie ai paesi con economie deboli, come i paesi sudamericani o quelli dell'est europeo, che rischiano, se i tassi USA aumentassero, pesanti conseguenze.

Se è più conveniente investire nei titoli di stato americani, i capitali si spostano verso gli USA e ne risentirebbero le economie e le monete deboli. I capitali abbandonerebbero in altri termini gli investimenti in titoli di stato dell'Ungheria o dell'Argentina, ad esempio, e questi paesi dovrebbero fare i conti con tassi di interesse più alti e monete che si svalutano.

E' significativo il caso della Grecia: troppo debito e troppo deficit fanno crescere i timori di insolvenza. I tassi pagati sui titoli di stato diventano sempre più onerosi e il governo deve varare misure drastiche (spesso dannose per l'economia, salvo che nell'immediato) per riequilibrare i conti pubblici. E, per fortuna, in Grecia c'è l'euro: in caso contrario la dracma si sarebbe svalutata rendendo ancora più difficile la situazione greca, con effetti anche su altre monete e economie deboli.

Meglio dunque se i tassi restano bassi. Probabilmente è quel che succederà, se gli USA non vogliono far scoppiare altre crisi di cui risentirebbero anche le proprie imprese e le proprie banche.

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(1) http://www.federalreserve.gov/Releases/H15/data/Annual/H15_FF_O.txt

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