25 settembre 2015

Volkswagen

Lo scandalo Volkswagen è scoppiato inatteso: l'azienda tedesca ha installato su 11 milioni di veicoli software che riconosce i controlli sulle emissioni dagli scarichi e modifica il comportamento delle auto in modo che le emssioni rispettino i limiti di legge.

Si possono fare alcune considerazioni.

La prima, banale, è che se si fanno automobili di grossa cilindrata magari per permettere ai tedeschi di andare a tutta velocità su autostrade senza limiti di velocità e se, inoltre, l'auto è uno status simbol per cui più è grande e potente, meglio è, è difficile abbassare il livello di emissioni.

La seconda considerazione riguarda l'organizzazione di una grande impresa come la VW: il modello di gestione tedesco prevede una stretta collaborazione di impresa e sindacati e nel caso della VW anche la partecipazione di soggetti pubblici al capitale d'impresa. La Volkswagen unisce gli interessi degli azionisti, alcuni dei quali pubblici, altri privati, e dei lavoratori.

Tutti impegnati a creare ricchezza e lavoro facendo crescere l'impresa, conquistando mercati. Di certo questo sistema ha effetti positivi per l'economia ma pone un problema di conflitto di interessi: il settore pubblico dovrebbe controllare l'impresa di cui è azionista. Facile che a qualcuno venga voglia di voltarsi dall'altra parte.

E qui veniamo alla terza considerazione: il caso Volkswagen rafforza il sospetto che le politiche di austerità che la Germania ha imposto a molti paesi europei siano fatte per soddisfare le ambizioni delle imprese nazionali.

L'austerità ha fatto crollare la domanda di auto (e di altri beni durevoli) in molti paesi d'Europa costringendo le imprese che vendono soprattutto in tali paesi a rinviare il lancio di nuovi prodotti e i relativi investimenti.

Così il consumatore alla ricerca di qualcosa di nuovo, più facilmente s'è rivolto alle aziende dei paesi che, come la Germania, hanno risentito meno della crisi.

Tali imprese, che continuavano a investire grazie a una domanda domestica forte, potrebbero aver avuto interesse a eliminare i concorrenti tramite apposite pratiche commerciali (ovvero offrendo prodotti a prezzi molto vantaggiosi, non praticabili dalla concorrenza) e anche attraverso le scelte politiche del proprio governo, che creavano le condizioni per il calo della domanda negli altri paesi.

C'è da sperare che non siano coinvolte altre imprese e soprattutto non ci sia la complicità di altri governi, perchè vorrebbe dire avere un'Europa all'apparenza unità ma in realtà fatta da paesi in guerra (una guerra economica e non dichiarata) tra loro.