La squadra emiliana è ultima in campionato e non paga gli stipendi di tutti i dipendenti da luglio, vale a dire da quando i tribunali sportivi hanno deciso che non aveva i requisiti per iscriversi all'Europa League, non avendo pagato i contributi di alcuni giovani giocatori.
Incassato il verdetto, il presidente Ghirardi, appartenente a una famiglia di imprenditori bresciani, ha dichiarato di voler vendere la società, passata di mano a dicembre e poi di nuovo a gennaio. Nel frattempo niente soldi per nessuno, con la conseguenza che molti giocatori hanno fatto le valigie senza alcun vantaggio per la società, se non la possibilità di ridurre il monte stipendi.
L'opinione diffusa è che il Parma ha buone probabilità di fallire e addirittura di non finire il campionato.
Una situazione che si poteva prevedere.
Non sono infatti mancati i segnali di un bilancio molto sospetto. La stagione 2012-13 s'è chiusa con una perdita di 3 milioni, frutto però di due operazioni particolari: la vendita di marchio e altri diritti a società dello stesso proprietario, che ha portato una plusvalenza di una trentina di milioni, e un debito verso i giocatori non contabilizzati per oltre 3 milioni.
Ciò significa che il Parma in quell'anno ha perso oltre 35 milioni a fronte di un'ottantina di milioni di fatturato. Per farla semplice per ogni 2 euro incassati ne hanno spesi 3.
In quella stagione a mancare sono state le plusvalenze, diminuite da 53 a 22 milioni. Già, perchè il Parma negli ultimi anni ha comprato decine anzi centinaia di calciatori, nella speranza di rivenderli e coprire, con i guadagni ottenuti, parte dei costi della società.
E anche in questo caso c'era qualcosa di sospetto. La prima ragione è che una società che nel 2011-12 ha fatturato un centinaio di milioni metteva a bilancio più di 50 milioni di plusvalenze, rivelando nella migliore delle ipotesi (vale a dire che tutte le plusvalenze fossero reali e non il frutto di artifici contabili) una situazione squilibrata per un eccesso di plusvalenze rispetto al fatturato.
La seconda ragione è che tra le plusvalenze c'erano gli oltre 3 milioni per la vendita di tal Emiliano Storani all'Ascoli. Una somma esagerata per un giocatore che con l'Ascoli (poi fallito) non è mai entrato in campo. S'è trattato presumibilmente di una vendita che serviva solo a creare una plusvalenza.
Non sappiamo se il Parma fallirà, ma se succederà, con relative polemiche sulla regolarità del campionato, la colpa sarà delle autorità sportive, incapaci di vedere anomalie evidenti e di intervenire.