05 agosto 2010

La corsa dei fallimenti

La corsa dei fallimenti nel 2010 sembra inarrestabile. Prendo ad esempio il tribunale di Ancona.
Le Marche, si sa, sono la regione "media" su cui si fanno mille indagini di ricerca e anche dal punto di vista dei fallimenti si confermano un ottimo osservatorio della tendenza nazionale.
I fallimenti in tutto il 2009 sono stati 135, nel 2008 furono 94, nel 2007 77. Attualmente, al 4 Agosto sono già 116.
A titolo di confronto ai primi di agosto del 2009 erano solo 62.
Quindi ci si avvia ad un nuovo record, verso quota (chi lo sa?) 200 fallimenti dichiarati.
Da questi numeri sono escluse le due procedure "particolari" in amministrazione straordinaria, tra cui la Merloni elettrodomestici, che meriterebbero un discorso a parte.
Bisogna considerare che dopo la riforma fallimentare sono stati inseriti nella normativa dei limiti quantitativi in rapporto a attivi patrimoniale, ricavi, ecc. che in precedenza non c'erano, in modo da escludere dalla procedura le imprese minori.

Ma a chi giova tutto cio?

Purtroppo la procedura fallimentare ora come, a mio parere, dal punto di vista economico, non serve a nulla.

Con questo non voglio dire che non serva a nulla in generale, ma dal punto di vista del tessuto economico è semplicemente una procedura che spazza via ricchezza, impresa e posti di lavoro.

A parte poche eccezioni (come la Merloni, appunto), nella maggioranza dei casi ci si trova di fronte a non più di 2 o 3 tipologie che spaziano dalla società "scatola vuota" all'imprenditore che ci rimette la casa. Ma in ogni caso le possibilità di salvare l'impresa sono pari allo zero.

E questo non è secondario, in quanto se da una parte è vero che si eliminano aziende "bollite", dall'altra è vero che comunque queste aziende producevano ricchezza e posti di lavoro.
Che cosa rimarrà dopo la grande pulizia dell'impennata delle procedure fallimentari?

Sicuramente una quantità di procedure che intaseranno i tribunali per i prossimi 20 anni. Ma anche dei buchi e degli strappi enormi nel tessuto economico, perché gli imprenditori (specie quelli piccoli) difficilmente potranno rientrare nel mondo del lavoro: se le imprese chiudono non assumono e loro in prima persona non possono ricominciare finché non sono riabilitati (di fatto, anche se giuridicamente non è proprio vero...).
Questi imprenditori come sopravviveranno? E come sopravviveranno le loro famiglie?