04 marzo 2010

La strana frenesia di Giavazzi

Dubito che Francesco Giavazzi, un ingegnere elettronico con un master in economia negli USA e una cattedra di politica economica alla Bocconi, vincerà mai il premio Nobel per l'economia.

Soprattutto dopo che nel settembre 2008, il giorno dopo il fallimento di Lehman Brothers, si è lanciato in un'appassionata lode del fallimento e dell'infallibilità del mercato:

Ieri è stata una buona giornata per il capitalismo ... si era diffusa l'impressione che il governo americano avrebbe salvato chiunque... Invece, con grande coraggio, il segretario del Tesoro statunitense Henry Paulson ha detto basta. Il costo è stato elevato, il fallimento della terza/quarta banca d'investimento al mondo, ma il mercato ha impiegato meno di cinque minuti a capire. E Bank of America ha comprato Merrill Lynch senza alcuna garanzia pubblica e ad un premio di 70 per cento sull'ultimo prezzo di mercato. Oggi la cintura di liquidità di cui ha bisogno AIG sarà anch'essa offerta dal mercato. Il Tesoro e la Fed si limitano ad un'opera di coordinamento utile e che non costa nulla. E' una svolta importante, la vittoria del mercato. Con buona pace di chi ripete che ciò che accade negli Stati Uniti è la prova che il è capitalismo finito.” (1)

Giavazzi ha fatto una figuraccia: il mercato non ha offerto liquidità, come previsto. Tesoro e FED non si sono limitati a coordinare ma hanno tirato fuori somme immense. La previsione fallimentare ha trasformato Giavazzi e altri economisti liberisti abili in previsioni errate, come Alesina e Zingales, nei protagonisti involontari di Bluff, libro del giornalista Marco Cobianchi, Orme editori.

Rileggendo le parole di Giavazzi ci si chiede: ma chi gliel'ha fatto fare? Non poteva aspettare per prudenza qualche tempo prima di cantare vittoria?

Come spiegare tanta frenesia per un crollo che ha fatto tremare l'economia mondiale?

Si possono fare due ipotesi. La prima è che certuno conoscono poco o male l'economia che, come spiegava John Maynard Keynes, uno dei più importanti economisti di sempre, “è un argomento difficile e tecnico ma nessuno vuol crederci” (2).

La seconda, che non è necessariamente alternativa, è che in realtà quel giorno Giavazzi vedeva realizzarsi un sogno: un mondo in cui il mercato trionfa e la crisi del potere capitalistico rafforza l'economia di mercato, come sosteneva Einaudi (3).

Per i liberisti infatti il mercato è un organismo praticamente perfetto, i cui anticorpi sono capaci di combattere qualsiasi malattia. Qualunque intervento esterno aggrava la situazione e indebolisce il sistema immunitario.

Quindi quale occasione migliore per esaltare il mercato del fallimento di una grande banca d'affari che il governo americano ha deciso di non soccorrere?


L'importante, per il liberista, è che il mercato trionfi. Il resto viene dopo.

E quel resto, a distanza di quasi un anno e mezzo dal fallimento di Lehman Brothers è poco allegro. Il PIL è sceso di oltre il 6%, il commercio internazionale è crollato, la disoccupazione è salita oltre l'8,5% (il 10% circa negli USA), gli stati si sono indebitati per cercare di limitare i danni e il mercato non offre alcun segnale che ci faccia pensare che tutto tornerà come prima in tempi brevi.

Milioni di persone solo nel mondo ricco hanno perso il posto. Purtroppo tra costoro non ci sono i liberisti che continueranno a raccontarci che un mercato più libero è sempre la soluzione migliore.

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(1) http://www.lavoce.info/articoli/pagina1000616-351.html

(2) Economisti per caso, P. Krugman, Garzanti, pag. 5

(3) Gigliobianco, Via Nazionale, Donzelli, pagg. 271-272

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