06 dicembre 2009

Esiste un pericolo inflazione?

La crisi scoppiata nel 2008 è stata affrontata dalle banche centrali e dagli stati iniettando massicce dosi di liquidità nel sistema bancario. Ciò ha mandato in fibrillazione chi associa la creazione di nuova moneta e l'aumento dell'inflazione (1).

D'altro canto non c'è da stupirsi, se un anno fa anche il presidente della BCE, Jean Claude Trichet, mentre la situazione economica peggiorava rapidamente, lamentava il rischio di un aumento dell'inflazione (2).

Trichet a dire il vero ha le sue buone ragioni. La BCE deve intervenire quando il tasso di inflazione supera il 2%. Un limite piuttosto severo, il cui rispetto impone alla BCE di far rallentare l'economia, provocando parecchi disoccupati in più in cambio di mezzo punto di inflazione in meno.

Meno giustificato è chi lascia intendere che l'aumento della quantità di moneta causerà un aumento incontrollato dell'inflazione, ma non spiega come ciò possa accadere.

L'inflazione, ovvero l'aumento dei prezzi, dipende dalla domanda di beni e servizi. Se il fruttivendolo si rende conto che le arance vanno a ruba, e a una certa ora le ha vendute tutte, il giorno dopo aumenta il prezzo delle arance. Se le vendite vanno male invece tende ad abbassare il prezzo.

L'aumento della quantità di moneta normalmente fa aumentare il credito bancario e, di conseguenza, la domanda di beni e servizi domandati di imprese e consumatori finanziati dalle banche. L'aumento della domanda, reso possibile da un maggior credito, provoca quindi un aumento dell'inflazione, specie se le imprese producono a pieno regime.

La crisi scoppiata nel 2008 ha invece fatto scendere la produzione e crollare gli investimenti. La domanda è diminuita e i prezzi sono rimasti per lo più fermi, salvo qualche aumento delle materie prime per effetto della speculazione finanziaria.

I capitali erogati dalle banche centrali al sistema bancario sono serviti a tappare i buchi: quando è scoppiata la crisi i capitali hanno abbandonato gli investimenti a rischio, lasciando le banche senza soldi. Non sono serviti -se non in minima parte- a far crescere la domanda, che invece è diminuita per effetto della crisi.

Dunque con una domanda in calo, impianti che producono di meno e molti disoccupati non pare esserci alcun rischio di inflazione.

Un aumento della domanda, se e quando si verificherà, spingerà le imprese a riaprire gli impianti produttivi e a riassorbire parte dei disoccupati senza creare tensioni sui prezzi, tanto che un esponente di punta della BCE, Bini Smaghi, dichiara che per almeno 2 anni l'inflazione non sarà un problema.
Come non lo è stato negli ultimi 12-18 mesi: oltre un anno di moneta abbondante non ha fatto salire i prezzi, segno che è azzardato dire che un aumento della quantità di moneta causa per forza un aumento dei prezzi.

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(1) Un esempio si trova in http://www.usemlab.com/index.php?option=com_content&task=view&id=306&Itemid=1
Oltre a un atteggiamento poco simpatico verso chi viene definito ignorante come se, a cominciare dal titolo, l'analisi fosse particolarmente chiara, manca una qualsiasi analisi di come si verificherebbe un aumento dei prezzi

(2)
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/economia/200810articoli/37024girata.asp

1 commento:

  1. Questa è la solita teoria naif di origine keynesiana per cui finché il Pil è molto al di sotto del suo livello potenziale ed il tasso di disoccupazione alto non vi è pericolo di inflazione dei prezzi. La moneta fresca di stampa, quando circolerà e si moltiplicherà sotto forma di credito stimolerà la domanda aggregata e le aziende assumeranno e bla bla bla....

    Peccato che negli anni '70 vi siano state contemporaneamente inflazione dei prezzi causata dall'aumento della massa monetaria e delle politiche di "stimolo alla domanda" e disoccupazione, entrambe a due cifre.

    Quello che non hai capito è che la scuola austriaca non dice che l'aumento della domanda causa un aumento dei prezzi dei beni (questo, forzando i termini, al massimo lo dicono i monetaristi parlando del lungo termine). Quello che dice la scuola austriaca è che definisce inflazione l'aumento della massa monetaria e dice che una delle conseguenze dell'inflazione è proprio l'aumento dei prezzi.

    Il "come" ed il "quando" non si può prevedere con precisione ma prima o poi quel trilione di dollari di riserve delle banche commerciali presso la Fed andrà in circolo e quando lo farà la conseguenza sarà l'aumento dei prezzi dei beni.

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