01 aprile 2025

Fiducia


 L'annuncio di dazi da parte di Trump verso tutto il mondo ricco ha fatto crollare la fiducia negli USA. 

La fiducia dei consumatori è scesa a livelli riscontrati 3 anni fa in occasione dell'inizio della guerra in Ucraina (vedasi grafico). Nei mercati azionari americani si registrano cali da due mesi a questa parte, ovvero da quando Trump è entrato in carica, e pure il dollaro sta soffrendo. Perchè?

Perchè la poca fiducia nelle scelte di Trump, il cui primo mandato da Presidente era stato invece accompagnato da costante crescita dei valori azionari, ha spinto i gestori di fondi a liberarsi di parte delle azioni mentre i possessori di capitali hanno portato i soldi in paesi più sicuri. 

Le vendite di dollari e di attività in dollari provocano il calo della moneta statunitense rispetto a altre monete come l'euro e questo non può che turbare i sonni dei possessori di attività in dollari, inducendoli a lasciare la moneta americana. 

Un bene per chi traffica (è il caso di usare questo termine) in criptovalute (la famiglia Trump sta acquistando aziende che operano nel settore) o per i possessori di oro, il cui valore sale, battendo ogni record, a riprova di crescenti incertezze.

Dunque dove sta andando l'economia americana (e pure quella italiana)?

Verso una recessione che pare inevitabile specie per chi, come l'Italia, ha tassi di crescita molto modesti.





 


21 marzo 2025

Dazi

"Questi dazi di ritorsione dovrebbero essere una risposta politica specifiche e offrire al governo preso di mira un modo chiaro per venire incontro alle richieste degli Stati Uniti. Trump invece si è scagliato ... perlopiù sulla base di un vago rancore, senza alcuna conclusione in vista".

No, non sono parole di queste settimane. Risalgono al 2018 e son state scritte da Paul Krugman, premio Nobel per l'economia nel 2008. 


15 dicembre 2024

Più occupati, meno PIL

La disoccupazione in Italia diminuisce, il numero dei lavoratori aumenta ma il tasso di crescita diminuisce, registrando uno 0,5% stimato per l'anno che sta per concludersi al posto dello 0,8-0,9%. previsto.

Com'è possibile? 

L'Istat spiega che sono aumentati gli occupati (+47 mila) ma ancora di più gli inattivi (58 mila) ovvero persone che potrebbero lavorare ma non cercano, e si tratta soprattuto di donne e persone sotto i 35 anni; che gli occupati in più sono soprattutto persone sopra i 50 anni e che calano gli occupati nella fascia 25-49 anni e tra i dipendenti a termine.

Rispetto a un anno fa sono aumentati gli occupati (363 mila) ma anche disoccupati e inattivi, cresciuti di quasi 900 mila unità.

Ci sono poi la produttività (in soldoni il valore del prodotto per occupato) in calo e inferiore al resto d'Europa (vedasi il grafico), e la crisi evidente dell'industria, con la produzione industriale in calo quasi ininterrotamente da 2 anni. 

Cosa significa tutto questo? 

I dati sull'occupazione non offrono un buon segnale perchè disoccupati e inattivi salgono quando l'economia offre pochi posti di lavoro, oppure offre posti mal pagati. Chi non intende lavorare a certe condizioni, smette di cercare lavoro o lo cerca, salvo rifiutarlo se le condizioni sono sgradite.

Tutto ciò è coerente sia con l'evidente crisi dell'industria, sia col rallentamento del PIL, che invece dovrebbe crescere con l'occupazione. Ed è coerente pure con il fatto che non aumentano i giovani occupati, mentre crescono i lavoratori oltre i 50 anni che presumibilmente si trovano nelle condizioni di non rifiutare le offerte ricevute.

Insomma i dati dicono che c'è poco da stare allegri. Le cose vanno male nell'industria, gli italiani lavorano di più ma per guadagnare poco, chi ottiene un nuovo lavoro pare non poter fare a meno di accettare le condizioni offerte e l'economia cresce meno del previsto.

Se il governo festeggia (alcuni) dati positivi e l'amicizia con Musk, il paese reale scivola verso l'Argentina di Milei dove oltre metà della popolazione non se la passa bene.

29 novembre 2024

La strana aliquota del 56%

I giornali hanno ripreso un documento governativo in cui si spiega che parte dei contribuenti potrebbe pagare una aliquota marginale effettiva fino al 56%. 

Come si spiega e soprattutto cos'è un'aliquota marginale effettiva?

Quando si parla di aliquote marginali ci si riferisce all'imposta sul reddito (irpef) perchè sul reddito gravano diverse aliquote. Oggi sono 3: il 23% per redditi fino a 28.000 euro, il 35% fino a 50 mila e il 43% oltre i 50 mila euro. 

Significa che chi è sotto i 28 mila paga il 23% (meno detrazioni e deduzioni), mentre chi ha, supponiamo, un reddito di 48.000 euro paga il 23% su 28.000 e il 35% sul resto (49000-28000). 

In media il contribuente con 49 mila euro paga una percentuale del reddito che, di solito, si colloca tra le due aliquote e che si può calcolare come rapporto tra le imposte dovute e il reddito. Se, supponiamo, l'imposta è 15.000 e il reddito 49.000, l'aliquota media è pari al 30,6%, vale a dire 15 mila euro sono il 30,6%.

Ma per ogni euro in più di reddito dichiarato oltre ai 49.000 euro si paga il 35% di quell'euro in più, percentuale superiore al 30,6% dell'aliquota media. L'errore che a volte si commette è quel di confondere aliquota media e marginale. Se per 1 euro in più il contribuente paga il 35% (aliquota marginale) non vuol dire che pagherà il 35% di tutto il reddito. Infatti nell'esempio precedente paga di meno, il 30,6%.

Ma allora come si arriva al 56% ?

Non ho trovato alcuna spiegazione con numeri e esempi, e pare che neanche il documento governativo spieghi come si fanno i conti, ma non è difficile intuirlo. Il governo Meloni e prima il governo Draghi hanno deciso che una parte dei contributi sarebbero stati a carico dello Stato ma solo fino a un certo reddito. 

Se i limiti di reddito funzionano anche per qualche detrazione e deduzione, perchè queste ultime possono azzerarsi al superamento di una certa soglia di reddito, il contribuente si può trovare a pagare di più e non solo per effetto di una aliquota marginale maggiore.

Si puiò spiegare così il 56%. Che non è un'aliquota marginale ma una somma di mancati sconti e dell'aliquota marginale irpef. Per distinguerla da quest'ultima l'hanno chiamata aliquota marginale effettiva. Un modo di sintetizzare una realtà complessa, fatta di cose diverse, sconti fiscali che non ci sono più e imposta sul reddito.

14 ottobre 2024

Tavares

Che dire della pessima figura fatta da Tavares, amministratore delegato del gruppo Stellantis nell'audizione in Parlamento della scorsa settimana?

La prima cosa che mi viene in mente sono le parole di Marchionne del 2012, quando spiegò che in Europa c'era un eccesso di capacità produttiva e che sarebbe stato necessario un piano, finanziato anche dall'UE, per ridurre la produzione da parte di tutti i produttori. I tedeschi rifiutarono l'idea perchè loro erano i leader del mercato e i problemi dell'auto li riguardavano solo in parte.

La seconda cosa che mi viene in mente è che Marchionne aveva le spalle coperte dagli utili della Jeep negli USA, capaci di coprire le perdite europee del Gruppo senza imporre troppi sacrifici in Italia e negli altri stabilimenti europei.

Merito senza dubbio del manager italo-canadese che ha comprato Chrysler e quindi Jeep e l'ha messa nelle condizioni di ottenere ottimi risultati nel mercato nord americano. Oggi non è più così e i risultati deludenti oltreoceano, probabilmente, spingerà Stellantis a non rinnovare la fiducia a Tavares, il cui contratto scade nel 2026. 

Così, mentre la produzione di auto in Italia, ridotta ai minimi termini, spinge i politici a chiedere conto a Stellantis del futuro del settore, Tavares non trova di meglio che chiedere incentivi e lamentare costi doppi in Italia delle ricariche per le auto elettriche, senza sapere spiegare il perchè.

Intanto gli incentivi per vendere più auto sono assurdi perchè in seguito i potenziali clienti rinviano l'acquisto in attesa di altri incentivi. Poi lo sono perchè solo una parte, piuttosto modesta, delle auto vendute in Italia è prodotta in Italia. E quindi gli incentivi aiutano l'industria straniera più delle fabbriche e degli operai italiani. 

Poi è grave che il massimo dirigente di un gruppo automobilistico non sappia spiegare il motivo dei costi di ricarica doppi, rispetto a Spagna e Francia, nè abbia suggerimenti o rimproveri da fare alla politica che da (quasi) sempre è incapace di fare una politica industriale di qualità.

Tutto questo ci dice, infine, che di fronte a difficoltà dell'auto europea che coinvolgono anche i tedeschi Volkswagen, servirebbero dirigenti credibili e competenti, con una visione ampia e a lungo termine dei problemi e delle possibili soluzioni, che non pare avere Tavares, probabilmente destinato a lasciare il gruppo automobilistico tra poco più di un anno.

23 settembre 2024

Revisione del PIL

L'ISTAT ha rivisto il PIL del periodo 2021-2023, scoprendo, grazie a "innovazioni e miglioramenti di metodi e di fonti" che il PIL nominale è più alto di quasi 100 miliardi rispetto ai dati precedenti. Il PIL 2021 è più alto di 20,5 miliardi, il PIL 2022 di 34,2 e il PIL 2023 di 42,6 miliardi.

Come sempre si tratta di un dato stimato e si cerca di fare in modo di avvicinarsi il più possibile al dato vero, che resta sconosciuto perchè non si conosce bene il valore aggiunto vero delle aziende, in parte perchè non denunciano i dati reali e in parte perchè alcuni "imprenditori" non svolgono attività lecite e quindi non dichiarano nulla. 

Però una cosa la possiamo dire: a meno che la correzione riguardi solo l'economia sommersa, un  aumento del PIL nominale di 100 miliardi vuol dire che i prezzi sono aumentati più di quanto riportato dai dati ufficiali.

Un aumento del PIL nominale ha poi un impatto positivo sul deficit/PIL e sul rapporto debito/PIL, che infatti scende da circa il 137 a circa il 134%. 

Tutto sommato è una buona notizia. Serviranno meno sacrifici per raggiungere gli obiettivi di bilancio concordati con l'UE. E il motivo è che li abbiamo pagati sotto forma di inflazione. O di finanziamento alla criminalità.

16 settembre 2024

Proroga a tempo per i balneari

La vicenda delle concessioni balneari pare destinata a concludersi con una proroga a tempo, fino al 2027. 

La direttiva Bolkestein obbliga i paesi dell'Unione Europea a mettere all'asta le concessioni di spiagge, che, di fatto, in precedenza erano possedute dai titolari degli stabilimenti balneari che se le passavano di padre in figlio come fossero beni di proprietà.

La magistratura italiana e europea ha bocciato ogni tentativo di non applicare la direttiva Bolkestein. Invece la politica ha fatto spesso promesse irrealizzabili, in cambio del voto di una categoria di imprenditori che sceglieva di votare chi difendeva i loro interessi (privati).

Tra le motivazioni di chi non vuole l'asta delle concessioni, qualcuna ha senso. Una dice: se il balneare perde la concessione, parte dei soldi spesi nello stabilimento, per beni e servizi che esercitano la loro funzione nel medio-lungo termine, diventano costi che non producono nessun ricavo. 

Per esempio, se uno stabilimento balneare 2 anni fa ha acquistato sdraio e ombrelloni nuovi, l'ha fatto nella certezza (magari derivante da una promessa politica) di poterli usare per (supponiamo) 5 anni, durante i quali l'imprenditore era certo di incassare i ricavi generati dagli stessi. 

Ma se dopo 2 anni l'impresa perde la concessione, si ritrova a registrare una perdita: il costo d'acquisto viene pertanto diviso in 5 parti, inserite in 5 bilanci annuali differenti, ma dopo il secondo anni i ricavi non ci sono più.

Per questo i balneari hanno chiesto un risarcimento. Come dire: ci avete illusi, facendoci pensare che non ci sarebbero state le aste per le concessioni e per questo abbiamo speso soldi nelle nostre imprese. Soldi che non recupereremo se perdiamo la concessione, quindi rimborsateci.

Qualcuno addirittura ha pensato ai mancati guadagni, ma il governo italiano pare intenzionato a comprendere in eventuali rimborsi solo i costi pluriennali sopportati negli ultimi 5 anni oltre a estendere, accordandosi con l'UE, le concessioni per altri 3 anni. 

In questo modo i costi non daranno luogo a perdite se non minime, perchè per altri 3 anni i costi pluriennali sopportati di recente saranno coperti dai ricavi degli stabilimenti balneari. 

Dopo aver promesso che la direttiva Bolkestein non sarebbe stata applicata, finirà che le aste si faranno e i risarcimenti saranno ridotti ai minimi termini. 

12 giugno 2024

L'auto cinese e l'UE

Tre giorni dopo le elezioni che hanno rinnovato il Parlamento dell'Unione Europea premiando una destra estrema che attira i cittadini delusi, arrivano forti dazi sull'importazione di automobili elettriche dalla Cina. 

Con i dazi, le autorità dell'UE tutelano le produzioni europee dalla concorrenza senza regole della Cina, e cercano di far sentire meno in difficoltà i lavoratori europei che, delusi e impoveriti, preferiscono Le Pen a Macron, Meloni a Calenda, l'AfD all'SPD. 

Ma ci spiegano, anche, implicitamente, che hanno molti dubbi sui valori liberisti che promettevano più benessere per tutti grazie a mercati aperti, deregolamentazioni, più libertà di impresa, meno Stato. 

In pochi hanno goduto dei benefici del liberismo, anche se in tanti hanno sposato più o meno esplicitamente l'ideologia liberista, ignorando le critiche e le prove. I delusi si sono rivolti all'estrema destra, perchè anche la sinistra "moderata" ha condiviso l'ideale liberista, credendo a chi sosteneva che fosse una strada obbligata, senza alternative.

I dazi sull'auto potrebbero essere il primo passo di un'Europa che rinnega il suo passato e il suo presente libersta, dopo aver compreso che non produce benefici per tutti. In palio c'è il futuro dell'auto europea ma pure l'Europa, perchè i delusi cercano a casa propria e contro lo straniero, anche europeo, la soluzione dei problemi. 

27 maggio 2024

Nicolò Introna

Federico Fubini, giornalista economico del Corriere della Sera ha scritto un interessante libro, L'oro e la patria (Mondadori), dedicato a un personaggio sconosciuto o quasi, Nicolo Introna. 

Introna, importante dirigente della Banca d'Italia che ha lavorato soprattutto in epoca fascista, ha lasciato un archivio personale di 80 mila pagine che hanno permesso a Fubini di ricostruire numerose vicende che l'hanno visto protagonista. Una in particolare, la difesa dell'oro della Banca d'Italia, che interessava ai tedeschi durante l'occupazione di Roma. 

Introna cerca di nascondere l'oro in una intercapedine, sconosciuta ai più, del palazzo della Banca d'Italia, ma deve fare i conti con la paura del Governatore Azzolini che, temendo ripercussioni, finisce per lasciare che i tedeschi si impossessino dell'oro e che Mussolini, diventato capo della Repubblica Sociale Italiana, uno stato fantoccio creato dai  tedeschi che occupano l'Italia, ottenga i soldi che gestiva personalmente su un conto della Banca d'Italia.

Il libro di Fubini mostra le due facce contrapposte del paese durante la dittatura. 

Azzolini è il classico yesman piegato ai voleri del regime, di cui sfrutta i benefici. Non si oppone in alcun modo alla folle politica di rivalutazione della lira, che porta alla forte diminuzione delle riserve auree della Banca d'Italia e all'uso molto spregiudicato dei soldi pubblici da parte di Mussolini. Asseconda i tedeschi sull'oro, mettendo in pericolo il futuro dell'Italia che ha bisogno delle riserve di oro come garanzia per il pagamento delle importazioni. Finisce in carcere ma se la cava, dopo una condanna in primo grado dove rischia anche la pena di morte, in un'Italia democratica che non respinge il passato e chi l'ha costruito, ma lo usa per ricostruirsi.

Introna invece è un uomo indipendente e onesto, per questo chiamato a Roma dal governatore Bonaldo Stringher, subisce attacchi dai giornali di regime perchè oppone le regole della Banca d'Italia a chi cerca di sfruttare le banche (controllate dalla Banca d'Italia) per operazioni spregiudicate e illecite. Non ha capacità politiche e per questo subisce molte sconfitte, tra cui quella di essere accantonato da Luigi Einaudi che diventa governatore della Banca dopo che lui, Introna, ne è stato il commissario straordinario. 

Anche Einaudi e Introna possono essere considerate le due facce contrapposte di un paese, questa volta democratico. Mentre Introna spiega le sue idee sul futuro economico del paese, soprattutto allo scopo di evitare che la politica usi l'economia per fini privati e politici, Einaudi si rifiuta di farlo, evitando di rispondere alle domande di una commissione nata per offrire le migliori idee degli esperti di economia ai membri dell'Assemblea Costituente. Il motivo è che pensa che le sue idee piacerebbero a pochi e gli compremetterebbero la carriera politica. Che invece va a gonfie vele: Einaudi benchè monarchico dichiarato diventa il primo Presidente della Repubblica.

Non è, nel suo piccolo, un uomo coraggioso come Introna, e ce lo conferma la vicenda IRI di cui parleremo la prossima volta.

04 maggio 2024

La crisi di Fiat (in Italia)

Pochi lo sanno, ma tra i diversi marchi del gruppo Stellantis, Fiat è il marchio che vende più automobili. Eppure in Italia, patria della Fiat, la produzione di auto pare in crisi e Mirafiori, storico stabilimento di Torino, affronta un futuro molto incerto. Perchè?

La storia della Fiat racconta di un'impresa che ha prodotto tante automobili tenendo sotto controllo i costi di produzione, offrendo bassi i prezzi di vendita, con cui ha attirato milioni di italiani con redditi bassi e poche pretese, e guadagnando quindi pochi soldi per ogni esemplare prodotto e venduto. 

Questo modello di business funziona ancora in parte del mondo, dove l'automobilista ha poche pretese e pochi soldi da spendere. 

Non dove i costi di produzione sono più elevati e dove si sta ampliando il divario tra consumatori ricchi che puntano a acquistare marchi prestigiosi e consumatori meno ricchi che cercano quasi sempre il prodotto più conveniente.

In questi paesi, è sempre meno conveniente produrre le auto dei marchi che un tempo erano molto diffuse. E' una questione di costi di produzione e di mercato. Ci si sposta dove i costi di produzione sono inferiori e dove il mercato di un certo tipo di auto è più attraente.

Naturalmente Stellantis non dimentica di avere impianti e personale competente in Italia, ma è difficile se non impossibile che la produzione di utilitarie torni in Italia.
Soprattutto se la motivazione è nazionalistica: l'Italia non è il miglior posto al mondo in cui produrre qualcosa, non si produce in un paese per amore di quel paese. Chi ha il potere di decidere la politica industriale di un paese dovrebbe cercare di capire quali sono i motivi che spingono Stellantis a produrre altrove e perchè non esistono impianti di altri produttori mondiali.


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